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a cura di Carlo Beraldo, Vittorio Borraccetti, Carlo Rubini
1. Questo numero di Esodo, dedicato al rapporto religione-politica, nasce dall’indignazione provata da molti per l’uso della fede cristiana, dei suoi simboli, dello stesso nome di Dio, da parte di alcuni partiti nelle competizioni elettorali, e non solo, a sostegno di un proprio progetto politico, i cui contenuti sembrano contrastare con i valori fondanti del messaggio cristiano per sua natura universalistico. Questa strumentalizzazione viene compiuta da una molteplicità di soggetti politici nel mondo attuale, più che altro di orientamento conservatore e autoritario, e non solo con riferimento al cristianesimo; si usa il fondamento religioso come uno degli elementi identitari di una comunità sociale (accanto ad altri, come una certa idea di nazione e famiglia), con tendenziale esclusione o discriminazione di chi non si riconosce in essi. In Europa manifestazioni di esplicito uso della religione a fini politici sono presenti, oltre che in Italia, in paesi come l’Ungheria e la Polonia, tra i più noti. Tale prassi si evidenzia in altre aree del mondo, coinvolgendo ulteriori religioni, oltre al cristianesimo nelle sue diverse manifestazioni, come l’islam, l’ebraismo, l’induismo, ecc. L’uso politico della religione ali- menta spesso nazionalismo e sovranismo, contrastando sul piano internazionale il multilateralismo e i faticosi tentativi di costruire organismi sovranazionali capaci di prevenire e governare i conflitti e, sul piano interno, il pieno riconoscimento dei diritti soggettivi a chi non si riconosce nei prevalenti modelli morali di comportamento derivanti dalla religione.
Presentazione del libro di Enrico Cerasi, Mimesis Edizioni 2023
L'autore ne discute con Carlo Bolpin, Andrea Tagliapietra e Anna Urbani
M9 LAB Evento in collaborazione con Esodo
di Giuseppe Tattara
La vendita di armi
Con l'invasione irachena del Kuwait e la disintegrazione della Jugoslavia negli anni '90, l'Italia ha iniziato a sviluppare attivamente le proprie capacità militari e ha ridisegnato la propria industria della difesa.
L'approccio dell'Italia alla difesa e alle esportazioni militari è guidato dall'articolo 11 della Costituzione che afferma che l'Italia “rifiuta fermamente la guerra come strumento di aggressione alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. L'Italia accetta, in condizioni di parità con gli altri Stati, le limitazioni di sovranità che possono essere necessarie ad un ordine mondiale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni. L'Italia promuove e incoraggia le organizzazioni internazionali che perseguono tali fini”.
Pubblichiamo la presentazione del 9 dicembre a Roma dell'ottavo Rapporto sui conflitti dimenticati dal titolo Il ritorno delle armi. Guerre del nostro tempo, edizioni San Paolo.
Eugenio Borgna è morto a 94 anni. Rivoluzionò la cura psichiatrica come "rapporto tra interiorità" . Ha scritto molti saggi confrontandosi anche con opere di letteratura, poesia, filosofia. Ha scritto per Esodo articoli che mostrano la grande apertura per le tematiche della fede. Nei contatti avuti direttamente colpiva la sua gentilezza, la pronta disponibilità e l'interesse per una relazione personale.
Pubblichiamo l'articolo La violenza del linguaggio nelle relazioni, tratto da Esodo n. 1/2020, pp. 9-13, "Parola che crea, parola che distrugge":
Sono molte le pagine che ho dedicato alle parole, alla loro importanza nelle relazioni quotidiane, e in particolare a quella delle parole nelle relazioni fra medico e paziente: paradigmatiche nel creare relazioni umane, e terapeutiche, o invece conflittuali, e antiterapeutiche. Fra le discipline mediche, la psichiatria è quella che dà la maggiore importanza alle parole, e non può vivere senza le parole, di quelle dei pazienti, e di quelle di chi li cura.
Pubblichiamo il documento “Difendi la Corte Penale Internazionale. Contro il dominio dell’illegalità, dell’arbitrio e dell’impunità” firmato da Marco Mascia (presidente del Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova) e Flavio Lotti (presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace).
La Corte Penale Internazionale (CPI) è una pietra miliare della costruzione di un mondo più giusto, pacifico e democratico. Uno strumento di giustizia internazionale che trova il suo fondamento giuridico nella Carta delle Nazioni Unite e nelle Convenzioni internazionali sui diritti umani.
La sua istituzione rappresenta il più straordinario e rivoluzionario avanzamento nella civiltà del diritto internazionale. Il suo Statuto - detto anche “Statuto di Roma”- è stato adottato a Roma, il 17 luglio 1998, al termine della "Conferenza Diplomatica sulla Istituzione di una Corte Penale Internazionale" (15 giugno – 17 luglio 1998) ed entrato in vigore il 1 luglio 2002.
Esodo ha sottoscritto la lettera redatta da Raniero La Valle
Carissimi Ebrei della Diaspora,
vi scriviamo per parteciparvi una duplice angoscia che cresce in noi a partire da quel 7 ottobre del 2023, quando un’efferata azione dei palestinesi di Hamas fece scempio di un gran numero di ebrei di Israele e di molti non israeliani sui bordi della “striscia” di Gaza.
Insieme al dolore per le vittime e alla esecrazione per la brutalità dell’aggressione, la prima di tali angosce ha tratto origine dalla percezione che le conseguenze di quella azione, con tutto il male che portava con sé, sarebbero ricadute sulla intera popolazione di Gaza e sul popolo palestinese in quanto tale, ovunque situato, nei territori colonizzati della Cisgiordania come nei Paesi vicini.
L’aspirazione alla pace è nata in Turoldo [Coderno di Sedegliano, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992] già negli anni della seconda guerra mondiale che trascorse, dal 1941, nella città di Milano. Alle distruzioni e agli orrori cui aveva assistito si aggiunse la sconvolgente esperienza dei campi di concentramento tedeschi che visitò, per incarico vaticano e della curia milanese, immediatamente dopo la fine del conflitto. Scoprì, si può dire in diretta, la condizione dei deportati e i forni crematori. Molti anni dopo, ricordando quella sua visita, confessava di sentire ancora nella gola, quando parlava, il terribile “sapore di cenere di morti” percepito allora.
A tali ricordi nei primi anni del dopoguerra si accompagnarono in lui le speranze suscitate dalla sconfitta del nazifascismo che tuttavia abbastanza presto cedettero il passo alla delusione.
di Amina Crisma
Dodici anni fa, il 4 novembre 2012, ci lasciava Pier Cesare Bori, maestro ed amico nei cui confronti ho un immenso debito di gratitudine. E non si tratta solamente di un enorme debito intellettuale: a lui devo, fra l’altro, il mio primo incontro con Vittorio Capecchi, divenuto poi mio marito (e Pier è stato nostro testimone di nozze).
Vittorio e Pier Cesare erano legati da una grande e antica amicizia, e da profonde affinità: erano simili per rigore e apertura, per sterminata vastità di letture, per limpida intelligenza e umanità mite e generosa, per lucida razionalità e spiritualità intensa. Erano entrambi esploratori di crinali fra le sapienze d’Oriente e d’Occidente, e mi piace immaginare che stiano continuando da qualche parte, non troppo distante da noi, la loro amichevole conversazione. Sulla rivista fondata e diretta da Vittorio c’è un’intera sezione dedicata ai contributi di Pier, e a scritti su di lui (“Pier Cesare Bori e la rivista Inchiesta” in www.inchiestaonline.it ).
di Maurizio Ambrosini
Il governo Meloni ha in realtà tre politiche migratorie. La prima è la continuazione della buona accoglienza dei profughi ucraini, accuratamente tenuti fuori dal dibattito sui confini e l’invasione: 150.000 persone, un terzo dei rifugiati accolti nel nostro paese.
La seconda politica è l’accresciuta apertura agli ingressi di lavoratori: 452.000 in tre anni. Senza però nessuna misura di accoglienza e integrazione. Soltanto braccia, richieste con inedita energia dagli attori imprenditoriali.
A questo punto entra in scena la terza politica, quella della chiusura verso gli ingressi per ragioni umanitarie. Il governo Meloni, costretto a rinunciare al sovranismo su altri e più impegnativi dossier, come il rigore di bilancio richiesto da Bruxelles, ha individuato nella politica dell’asilo il terreno su cui rispondere alle attese dei suoi elettori e mostrare fedeltà con il proprio profilo ideologico. Tra l’altro a basso costo, e comunicando persino il messaggio di risparmiare sulle spese per l’accoglienza, avendo accuratamente rimosso il dossier ucraino.
di Giuseppe Tattara
“È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo”.
Mary Wollstonecraft,
Rivendicazione dei diritti della donna, 1792
Il sovrappiù prodotto dai paesi dell’Africa sub sahariana spiega buona parte dello sviluppo industriale dell’Europa, dell’America e dei grandi paesi asiatici negli ultimi anni perché i paesi africani sono stati e sono tuttora produttori di risorse - manganese, cromite, cobalto, fosfati, idrocarburi, uranio radioattivo e molti prodotti dell'agricoltura - necessarie per la crescita economica dei paesi sviluppati. Tuttavia l’ammontare e anche la direzione di tale sovrappiù sono nascosti dai metodi comunemente adottati di calcolo del valore del commercio estero dei paesi africani. Bisogna ristudiare il processo di produzione del sovrappiù e demistificare l’atteggiamento di coloro che sottolineano la generosità degli aiuti forniti all’Africa sub sahariana dai governi occidentali e dalle istituzioni internazionali, l’importanza del debito e l’incapacità di questi paesi di intraprendere una strada di sviluppo.
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Comunque nude
Ester Lunardon e Ludovica Piazzi (a cura di)
Mimesis 2023
L’ingrediente ritrovato, Uno sguardo alla cucina ebraica del Ghetto di Venezia
di Pierangelo Federici
con acquerelli di Serena Nono e Nicola Golea
Ed. lunargento 2024