Next Nuova Economia per Tutti e il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta lanciano un Manifesto per un’offensiva di pace, rivolto a sindaci, amministratori locali e cittadine/i che vogliono impegnarsi concretamente per costruire condizioni di pace e prevenire i conflitti.
Le tragiche vicende di questi ultimi anni hanno spinto molte sindache e molti sindaci, e tanti altri amministratori locali, a fare un passo in più rispetto al perimetro ordinario del loro impegno territoriale: occuparsi della pace, della giustizia e della sicurezza internazionale, pur non avendo di per sé, apparentemente, alcuno strumento utile a raggiungere quei tre obiettivi.
Eppure il fatto che i Comuni italiani insieme alla società civile si coinvolgano attivamente in questioni di natura internazionale deve farci riflettere.
Continuiamo a essere sull’orlo di una catastrofe. Abbiamo armi così potenti da poterci distruggere l’un l’altro e poter distruggere il pianeta su cui viviamo per decine di volte.
Eppure il dibattito pubblico ed istituzionale sembra più focalizzarsi sui nuovi strumenti di guerra che non su quelli utili alla pace. Il principale argomento divisivo è divenuta la spesa militare delle nazioni e non gli obiettivi da raggiungere con una nuova deterrenza.
In questo scenario apparentemente sterile e privo di una vera visione strategica per una pace attiva, riteniamo doveroso valorizzare i tanti amministratori ed attivisti e attiviste che non si arrendono.
Consapevoli della nostra eredità e della nostra tradizione abbiamo il dovere di essere molto più ambiziosi e lanciare insieme un’offensiva per creare condizioni tali da allontanare il rischio di nuove guerre.
Dobbiamo lanciare un’offensiva di pace
Da settant’anni abbiamo smesso di spendere in armi per difenderci come italiani da spagnoli, austriaci, tedeschi, francesi. Eppure fino al secolo scorso le guerre con i nostri vicini hanno devastato il destino dei nostri antenati, nonni e genitori. La pace nel vecchio continente non arrivò per caso, ma per scelta, con i gesti “creativi” auspicati e praticati dai padri fondatori dell UE.
Statisti europei di grande valore e con radici solide nei nostri valori hanno deciso di condividere le risorse più che combattere per averne il predominio, ed è così che è nata prima di tutto la CECA, la gestione comune di carbone e acciaio, e poi l’Unione Europea. E abbiamo scoperto che la vita sociale e politica non è un gioco a somma zero dove se vince una nazione deve per forza perdere un’altra, ma può essere un gioco a somma positiva in cui cooperando si vince insieme.
Schuman, Monnet, De Gasperi, Adenauer hanno realizzato un “offensiva di pace”, premiata sessant’anni dopo con il premio Nobel per la pace, ed è stata certamente la strategia più efficiente per garantire sicurezza e prosperità di lunga durata, riducendo la necessità di spese difensive, aumentando l’impegno comune per la difesa dei diritti degli uomini e delle donne, la protezione sociale, l’agricoltura, il commercio e tanto altro.
Di fronte “alla terza guerra mondiale a pezzi”, che è tuttora in atto e sempre più di larga scala, siamo chiamati ad immaginare nuovi percorsi anche con nuovi “nemici”, non solo a contrastare con la legittimità della forza le violazioni del diritto internazionale, ma anche avanzare vere proposte europeiste di pacificazione tra i popoli.
Dobbiamo ribadire che la difesa europea è si necessaria
ma condizione assolutamente non sufficiente: il principale investimento che abbiamo di fronte come UE è certamente la ricerca del modo più efficiente per avere “sicurezza” attraverso la pacificazione attiva ed ogni forma utile di prevenzione e gestione nonviolenta dei conflitti.
La guerra è storicamente stupida e malevola, come scriveva un altro padre , Erasmo da Rotterdam, perché uno contro uno fa meno di due, “con la pace tutto è possibile, con la Guerra tutto è perduto”.
Il conflitto armato distrugge vite umane e beni materiali. Ci fa perdere persone care e ci fa perdere tempo e risorse necessarie che potrebbero essere investite per il ben vivere.
La cooperazione è invece l’azione intelligente degli uomini. Perché uno con uno fa sempre più di due. La vita nelle cose veramente importanti (innovazione, beni pubblici, comunità digitali in rete, beni relazionali in primis) è sempre un gioco a somma positiva dove l’altro non è il nemico che mi contende una risorsa scarsa ma colui senza il quale non posso creare una torta più grande e rendere la nostra vita migliore. Il gioco a somma positiva però non avviene “in natura”, richiede impegno e coordinamento e ricerca e costruzione faticosa di condizioni di mutuo vantaggio nonché lungimiranza ed “eccedenza”. Ancora un esempio la storia della CECA dove si seppe superare la logica del “tutto ai vincitori e niente ai vinti” e l’umiliazione dei vinti come era accaduto dopo la prima guerra mondiale
La questione fondamentale per i prossimi mesi non sarà mai mettere in discussione le nostre alleanze, ma capire come ci attiveremo tutti insieme per costruire una soluzione alternativa alla guerra.
Dobbiamo contrastare l’idea che l’unica possibilità che abbiamo per difendere la nostra sicurezza sia quella di dotarci di più armi, sia nei contesti geopolitici che in quelli delle periferie urbane.
Dobbiamo riprendere il cammino europeista e rilanciare un’”offensiva di pace e di cooperazione” che aiuti l’umanità ad uscire da questo sciocco incantesimo che spreca tempo, energie, risorse e distrugge patrimoni e vite umane. Per questo, a partire dai tanti gesti concreti di chi è in aiuto della Palestina come dell’Ucraina, vogliamo impegnarci con tutti gli amministratori e le amministratrici comunali in un progetto di offensiva di pace.
La pace non è solo una questione di etica, in alcune occasioni vista come pulsione di “anime belle”, e non si persegue solo declinandone il valore o pronunciandone semplicemente la parola. Si tratta concretamente di trovare e costruire, anche con gli amministratori e le amministratrici di altri paesi – soprattutto dove si gioca oggi la partita e la scelta del futuro tra conflitto e cooperazione – legami sociali e situazioni di mutuo vantaggio commerciale e non, economico o sociale.
Dobbiamo andare oltre l’assistenza umanitaria e mettere a disposizione i nostri corpi quali Corpi Civili di Pace, come Alex Langer auspicò e scrisse nella sua azione di europarlamentare trent’anni fa.
I Corpi Civili di Pace (CCP), nella visione di Alexander Langer, sono gruppi organizzati di cittadini formati e motivati a operare in contesti di conflitto e tensione con strumenti nonviolenti, per prevenire la guerra, favorire il dialogo, e promuovere la riconciliazione tra le parti. Langer li pensava come una forma civile e non armata di diplomazia dal basso, capace di intervenire prima, durante e dopo i conflitti, con funzioni di:
mediazione culturale e sociale,
ascolto delle comunità locali,
accompagnamento di vittime e testimoni,
osservazione e dissuasione della violenza,
costruzione di fiducia e cooperazione tra gruppi divisi.
A differenza delle missioni militari, i CCP non portano armi e non impongono soluzioni. Offrono invece presenza attiva, solidarietà concreta e strumenti di dialogo, promuovendo una cultura di pace radicata nei territori.
Per Langer, creare Corpi Civili di Pace significava anche riconoscere il ruolo della società civile nei processi di pace: donne, giovani, educatori, religiosi, giornalisti, attivisti. Non professionisti della guerra, ma artigiani della convivenza.
Dobbiamo imparare dai gesti forti compiuti alla fine del secolo scorso
dalla missione di Giorgio La Pira, che nel 1965, al culmine della guerra fredda, si recò ad Hanoi animato dal desiderio del dialogo; dalla missione dei 500 a Sarajevo, guidati da don Tonino Bello nel 1995. Oggi le relazioni internazionali sono ancora rese più facili dalle opportunità digitali, anche se gli incontri faccia a faccia restano i momenti ancora più preziosi. Per questo assieme a questa lettera per l’offensiva di pace metteremo a disposizione una lista di iniziative che costruiscono cooperazione e mutuo vantaggio nelle quali ciascuno di noi può scegliere concretamente di impegnarsi per avviare un processo e processi generativi.
Siamo cresciuti insieme e abbiamo aumentato la qualità delle nostre vite, grazie a quella grandissima opera di cooperazione e gioco di squadra che è il progresso umano, culturale e scientifico. I cinesi non sono nostri nemici, i palestinesi non sono nostri nemici, gli iraniani non sono nostri nemici, gli israeliani non sono nostri nemici, i russi non sono nostri nemici.
Nessuno sulla terra è mio nemico. Sono invece fratelli e sorelle, tutti, con cui è possibile assieme costruire qualcosa di più bello e di più grande.
A partire dai primi firmatari di questo manifesto-appello e dalle azioni concrete già portate avanti dagli stessi, chiediamo ai comuni italiani ed alla società civile tutta di far avanzare la pace in Europa con modalità nuove e asimmetriche all’aggressione in corso, a partire dalla promozione di un nuova Conferenza Europea dei cittadini e della cittadina sulla pace e la sicurezza, riprendendo il percorso avviato dal compianto David Sassoli.
In attesa della Conferenza, ogni firmatario, sia come singolo che come ente, si impegnerà a:
Promuovere in ogni comune gesti concreti, materiali ed immateriali, di pacificazione e di solidarietà con i popoli che sono vittime dei conflitti armati, come ad esempio : digiuni, raccolte fondi, incontri di sensibilizzazione sulle guerre in corso, promuovere la partecipazione attiva a missioni internazionali in Ucraina ed in Palestina;
Promuovere gemellaggi e patti di collaborazione tra comuni italiani e comuni ucraini e comuni palestinesi ed altri comuni vittime della guerra, allo scopo di sostenere le popolazioni oppresse e violate con gesti concreti di scambi commerciali e di aiuti umanitari , come ad esempio la promozione di vacanze solidali in Italia, il sostegno alle economie locali con filiere lunghe finalizzate all’acquisto di panieri comunali, la promozione di borse di studio e di momenti di scambi artistici e culturali tra giovani dei diversi paesi;
Promuovere gli “assessorati alla pace” in ogni Comune favorendo in particolare il dialogo tra popolazioni “nemiche” con ogni mezzo (sulla base di ciò che viene già organizzato in Israele ed in Palestina con il parent circle e le scuole di pace e di dialogo), il dialogo interculturale tra popolazioni di diverse etnie, religioni e nazionalità che abitano nelle città ( comunità cinesi, comunità ebraiche, comunità arabe, comunità ucraine e russe, comunità americane, comunità asiatiche ed africane in generale);
Sostenere con fondi pubblici le Scuole di Pace in ogni comune, per il coinvolgimento dei giovani, degli adolescenti in particolare, nella risoluzione creativa dei conflitti e nei laboratori di preparazione ai dibattiti pubblici ed all’argomentazione consapevole delle ragioni dei conflitti in corso;
Promuovere corsi di comunicazione non ostile e di costruzione di proposte per la soluzione dei conflitti urbani e rurali