futuro del cristianesimo

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di Giannino Piana
La revisione del modo di essere chiesa ha (e non può che avere) implicanze dirette sulle varie componenti del tessuto ecclesiale, in particolare sui carismi e sui ministeri che vanno sempre più ripensati in un’ottica comunitaria e con l’obiettivo di far crescere partecipazione e corresponsabilità. La comunità cristiana non può essere concepita come una massa di individui, che ricercano ciascuno la soddisfazione del proprio bisogno religioso, ma come una realtà viva e articolata in cui ogni fedele è chiamato a fornire il proprio insostituibile apporto all’edificazione della casa comune.

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di Giovanna Lazzarin, gruppo Voci fuori luogo dell’associazione storiAmestre
Quando sono andata a conoscere la comunità ortodossa moldava che si riunisce nella chiesetta dell’ex ospedale Umberto I di Mestre, ho avuto una sorpresa inaspettata.
L’idea di contattarla era venuta durante un incontro del gruppo Voci fuori luogo[1] di storiAmestre. In quell’occasione Solomon Seyum, studente allo IUAV, aveva presentato la cerimonia del Meskel, la più importante e sentita festa religiosa etiope, che celebra il ritrovamento della santa croce da parte di sant’Elena. Gianfranco Bonesso, antropologo, aveva ricordato una cerimonia sullo stesso tema, anche se diversa, vista e fotografata nelle Filippine e a me era venuta in mente la venerazione moldava verso sant’Elena.

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Il 16 novembre del 1965, alcuni padri conciliari firmarono il Patto delle catacombe, un impegno a vivere lo spirito del Vangelo e del Concilio come "Chiesa dei poveri", per essere testimoni di una chiesa "serva e povera". Luigi Bettazzi fu l'unico italiano a sottoscriverlo.
Di seguito riportiamo il testo del Patto delle Catacombe e successivamente un video in cui Luigi Bettazzi, ospite della parrocchia Spirito Santo di Sestri Ponente a Genova per un incontro dal titolo: Dal Concilio Vaticano II a papa Francesco. Dove passa il futuro della Chiesa.
Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo;

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di Vittorio Capecchi
(articolo pubblicato sulla Rivista Il Mulino 8/1967, n. 178, pp. 658-682, ora ripubblicato sulla sua versione online www.rivistailmulino.it, e su www.inchiestaonline.it).
Don Lorenzo Milani è nato a Firenze il 27 maggio 1923 e vi è morto il 26 giugno 1967. Sono passati cent’anni dalla sua nascita e cinquantasei dalla sua morte e il suo messaggio è ancora attuale; in grado di porre interrogativi e suscitare discussioni nella chiesa e nella società. In quella lontana estate del 1967 scrissi un saggio lungo e appassionato che pubblicai sulla rivista “Il Mulino” del mese di agosto 1967. Leggere un proprio scritto di oltre cinquanta anni fa è sempre
uno strano incontro. Il Capecchi di oggi è certamente diverso da quel Capecchi che ha comunque influenzato il Capecchi successivo. Ho ripubblicato il testo integralmente e le citazioni di Don Milani sono riprodotte con questo diverso colore.
A 44 anni, alla fine del giugno scorso, è morto di leucemia Don Lorenzo Milani. Era nato il 1923 a Firenze ma aveva passato tutta la sua infanzia e adolescenza a Milano. La sua famiglia era di radicate tradizioni intellettuali.

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L'articolo è la sintesi, a cura di Lucia Scrivanti, delle risposte di un gruppo di dodici donne come contributo al cammino sinodale della Chiesa italiana.
1) Ritieni siano giuste le critiche che vengono rivolte alla chiesa e al clero di non dare valore alla presenza femminile, al pensiero e al sapere delle donne nella chiesa?
Le critiche rivolte alla chiesa sono del tutto giustificate.

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di Giuseppe Goisis
In memoria del nostro amico carissimo Giuseppe Goisis, che da sempre con le sue riflessioni ha contribuito ad aprirci nuovi spazi e, nello stesso tempo, ad andare in profondità con grande sensibilità umana e cristiana, pubblichiamo il suo ultimo articolo presente nel numero di settembre 2022 Dio parla? Parole e desiderio di Dio. Con lui avevamo in programma altri contributi nella rivista e in convegni... Cercheremo di continuare la ricerca secondo il suo insegnamento. Grazie Pino!
1. Tra fideismo e razionalismo
Il Concilio Vaticano I, inaugurato a Roma nel dicembre 1869, ha prodotto due documenti:

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di Angelo Reginato
Come ha sognato Gesù la comunità delle sue discepole e dei suoi discepoli? E come possiamo noi tenere vivo quel sogno? Solo rifacendosi al racconto evangelico è possibile trovare una risposta a questi interrogativi. E dunque il compito da affrontare domanda di riaprire le Scritture e dare forma ad una comunità che torni a mostrare un volto evangelico. Si tratterebbe di evidenziare i tratti fondamentali di questa figura di chiesa, mettendo in discussione gli allontanamenti e i tradimenti che ne hanno sfigurato il volto. Ma siamo proprio sicuri che sia questa l’operazione da svolgere? Che l’enunciazione del “tornare all’evangelo”, come programma di riforma ecclesiale, sia risolutivo dell’attuale crisi?

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di Vincenzo Rosito
Bisogna indagare le metamorfosi della vita urbana per cogliere le più radicali trasformazioni del tempo presente. L’urbano non descrive esclusivamente una dimensione geografica o un ritaglio amministrativo della vita comune, ma diventa un laboratorio privilegiato per la comprensione dei cambiamenti in atto. Le crisi, le tragedie, le cesure o le accelerazioni della storia trovano nella città un preziosissimo campo di analisi. Leggere e interpretare il cambiamento muovendo dalla prospettiva dell’urbanizzazione è un esercizio di ermeneutica politica e sociale.

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di Alberto Maggi
Padre Maggi, la sua visione della morte e dell’aldilà è profondamente influenzata dall’esperienza diretta da lei vissuta.
La mattina del 9 aprile 2012, un’ambulanza mi portava a sirene spiegate verso l’ospedale, dove sarei rimasto per quasi tre mesi, combattendo tra la vita e la morte, sottoposto a diversi pesanti interventi chirurgici. È stata un’esperienza meravigliosa che ha arricchito la mia vita, con la presenza del Signore accanto a me palpabile, che mi ha fatto sperimentare la verità dell’espressione di San Paolo: “Quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12,10), e che mi ha aiutato a trasformare una situazione indubbiamente negativa in positiva.