di Piero Stefani
Va superata la contrapposizione tra ebraismo = Legge e cristianesimo = amore, è perciò necessario cambiare il linguaggio di tanta catechesi, predicazione; ma non è proprio Paolo che insiste su questa contrapposizione? O forse la sua opposizione non si riferisce alla tradizione ebraica ma all’ebraismo dominante al suo tempo?
Paolo non contrappone Legge e amore. Per averne una conferma è sufficiente trascrivere, nella sua interezza, un brano della lettera ai Romani:
L'Associazione e Rete dei Viandanti chiede alla Conferenza episcopale italiana di istituire una commissione indipendente per conoscere l’entità della diffusione della pedofilia nella nostra Chiesa.
Il testo elaborato dal GRP e approvato dal Consiglio direttivo dell’Associazione è stato sottoscritto da 26 dei 31 gruppi aderenti alla Rete (tra cui l'Associazione/Rivista Esodo).
Nell’imminenza dell’Assemblea generale della CEI (23-27 maggio), è stato inviato alla Presidenza della CEI, al Presidente del Servizio nazionale Tutela Minori, ai Presidenti delle Commissioni episcopali, ai Presidenti delle Conferenze episcopali regionali e agli organi di stampa.
Pubblichiamo di seguito il documento.
Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un articolo di Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito, tratto dal libro In dialogo con Simone Weil, a cura di Paolo Farina e Maria Antonietta Vito (Effatà Editrice, Torino 2015). Si tratta di un’opera a più mani, scritto a seguito di più incontri presso la comunità di Bose di Ostuni, in Puglia, sulla «Lettera a un religioso» di Simone Weil.
La nostra riflessione su alcuni punti della Lettera a un religioso si articola in due parti. Nella prima ci facciamo carico del delicato tema di un antigiudaismo effettivamente presente nel pensiero di Simone Weil mentre, nella seconda, mettiamo a fuoco il suo rapporto, anch’esso problematico, con il cristianesimo e l’esigenza di viverlo, e di proporlo all’uomo contemporaneo, in una forma pienamente e finalmente incarnata.
Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un articolo di Paolo Farina e Maria Antonietta Vito, tratto dal libro In dialogo con Simone Weil, a cura degli stessi (Effatà Editrice, Torino 2015). Si tratta di un’opera a più mani, scritto a seguito di più incontri presso la comunità di Bose di Ostuni, in Puglia, sulla «Lettera a un religioso» di Simone Weil.
La nostra riflessione su alcuni punti della Lettera a un religioso si articola in due parti. Nella prima ci facciamo carico del delicato tema di un antigiudaismo effettivamente presente nel pensiero di Simone Weil mentre, nella seconda, mettiamo a fuoco il suo rapporto, anch’esso problematico, con il cristianesimo e l’esigenza di viverlo, e di proporlo all’uomo contemporaneo, in una forma pienamente e finalmente incarnata.
di Piero Stefani
Conversione significa passaggio da una fede a un’altra; vocazione tensione a vivere una modalità della stessa fede. Se si parla di vocazione di Paolo e quindi di ogni “cristiano”, quali conseguenze per la fede in Gesù Cristo Salvatore? se Gesù non ha fondato una nuova religione, la sua morte e resurrezione porta una novità (e quindi una fede) radicalmente nuova? il termine vocazione non è troppo limitativo? Cosa comporta il cambiamento dei termini?
Il termine «conversione» è dotato di tre significati principali:
di Jean Louis Ska
La rappresentazione di san Matteo guidato da un angelo mentre sta scrivendo il vangelo è tradizionale. Vi sono molti esempi dello stesso tipo che corrispondono a una teoria dell’ispirazione molto antica, quella dell’ispirazione verbale: lo Spirito Santo avrebbe letteralmente “dettato” agli agiografi, gli autori sacri, ogni parola e ogni frase dei libri contenuti nella Sacra Scrittura. Ne abbiamo alcune testimonianze, ad esempio negli scritti di Gerolamo e di Agostino:
Chi siamo
Dalle più diverse provenienze e appartenenze sociali, abbiamo chiesto all’Associazione Esodo di aiutarci a metterci in rete per contribuire al processo sinodale con le riflessioni sia di singole persone che di gruppi e associazioni. Ne è nato un percorso di ricerca che consegniamo ora all’equipe sinodale del Patriarcato di Venezia con l’intento di contribuire a rendere migliore e più profetica la chiesa, a partire da quella delle nostre comunità e da quella veneziana.
Presentiamo una sintesi delle riflessioni e i contributi che alcuni gruppi e singoli hanno scritto.
Quale era l’attesa messianica del popolo ebraico, in che cosa consisteva la loro speranza? Era nella liberazione dal giogo straniero o in qualcosa d’altro? E oggi?
La domanda ha un limite oggettivo legato alla presenza di troppi singolari. Il popolo ebraico nel I secolo e.v. era una realtà molto articolata; si pensi alla polarità diaspora-terra d'Israele, quest'ultima, a sua volta, sensibilmente differenziata tra Giudea e Galilea (senza contare il caso a sé della Samaria).
di Enzo Pace
Immaginiamo di avere davanti agli occhi una mappa del Veneto con diverse bandierine colorate. Ciascuna ci segnala la presenza di un luogo di culto. A ogni colore corrisponde una religione. A prima vista la nostra retina sarebbe colpita dalla densità delle bandierine bianche che ci indicano, per tradizione, la diffusa presenza del cattolicesimo. Ancora oggi, infatti, su una superficie di 18.345 chilometri quadrati, su cui risiedono quasi cinque milioni di persone, le parrocchie sono 2.144.
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