futuro del cristianesimo

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Il testo seguente è la trascrizione dal video-messaggio che il biblista e teologo brasiliano Marcelo Barros ha inviato ai partecipanti all'incontro del 25 settembre 2022 ad Altino.
Voi fratelli e sorelle carissime perdonatemi di non poter restare con voi in questo incontro così importante. Mi dispiace molto questa sorpresa che mi impedisce di essere lì con voi.

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Una declinazione teologica
Pubblichiamo il contributo di fr. Lorenzo Raniero ofm, preside dell'ISE di Venezia, all'incontro con il teologo brasiliano Marcelo Barros "La grammatica del dialogo" che si è svolto ad Altino (Venezia) il 24 settembre 2022.
È indubbiamente riconosciuto da tutti che nella Chiesa cattolica la vera stagione del dialogo è iniziata con il Concilio Vaticano II, evento straordinario di grazia con cui la Chiesa tende la mano al mondo contemporaneo e desidera entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà. La conferma di questo proposito e l’invito alla sua prosecuzione è ribadito anche nell’Enciclica programmatica di Paolo VI Ecclesiam suam (1964) all’inizio del suo pontificato nella quale invita tutta la Chiesa a stabilire relazioni con il mondo che la circonda e in cui essa vive e lavora (cf. ES, 13).

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di Piero Stefani
Anche all’epoca di Gesù e delle prime comunità, l’ebraismo era plurale. La polemica di Gesù e di Paolo era rivolta ad alcuni filoni e quali? E invece la loro appartenenza e i loro legami con quali altri gruppi erano? E viceversa quali gruppi di ebrei li riconoscevano come appartenenti all’ebraismo? E quali invece erano ostili?
Comincio dalle ultime due domande per cercare di approdare a una prospettiva utile per chiarire anche altre questioni. Il problema in esse non sembra ben posto; vi si introduce, infatti, un’alternativa mentre è solo la sua mancanza a rendere comprensibile il panorama: si era ostili alle comunità dei credenti in Gesù Cristo proprio perché le si riteneva parte del popolo ebraico.

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di Carlo Bolpin
Una prima valutazione
Si può dare una prima generale valutazione di questa fase iniziale del Sinodo in Italia? È troppo sbrigativo costatarne il mancato decollo? Anche se molto provvisorio questo giudizio serve per capire come proseguire.
La prima osservazione è la mancanza di entusiasmo, che ricordo molto forte anche tra noi giovani (allora) nel periodo del Concilio e di Giovanni XXIII. Prevale ora piuttosto la sfiducia anche in chi partecipa ai gruppi sinodali e il disinteresse generale. Utile è confrontarci sui motivi.

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Ripensiamo a questi 50 anni guardando dentro la nostra piccola storia che è giunta fin qui nonostante le difficoltà incontrate. Consapevoli della nostra precarietà e dei nostri limiti, pensiamo che essere stati una "comunità di amici in ricerca", e tutt’ora lo siamo, sia stata e sia, la condizione più importante per un’autentica ricerca di un cammino di fraternità.
Il sentirsi piccoli, ma forti nell’amicizia condivisa, è stato lo stimolo per cercare di capire quali fossero le nostre responsabilità non solo di uomini e donne che vogliono camminare insieme, ma anche di credenti che si sforzano di restare fedeli al Vangelo.

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di Angelo Favero
Ho cercato di leggere con attenzione le relazioni che ci sono state trasmesse dall’apposito comitato coordinatore. Questo gruppo ha raccolto le varie riflessioni e indicazioni dalle diverse parti della nostra diocesi [Venezia, ndr] intorno all’impegno di riflettere sulla situazione attuale della Chiesa. E’ la grande novità di questo Sinodo, che ha già preso avvio con l’ascolto della base cristiana e con la raccolta delle varie indicazione; senza dubbio l’obiettivo iniziale era ed è quello di esprimere il sentire del popolo di Dio che vive nelle varie località di questo mondo, oggi tormentato dalla guerra e da altri diversi conflitti in Asia e in Africa.

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di Piero Stefani
Va superata la contrapposizione tra ebraismo = Legge e cristianesimo = amore, è perciò necessario cambiare il linguaggio di tanta catechesi, predicazione; ma non è proprio Paolo che insiste su questa contrapposizione? O forse la sua opposizione non si riferisce alla tradizione ebraica ma all’ebraismo dominante al suo tempo?
Paolo non contrappone Legge e amore. Per averne una conferma è sufficiente trascrivere, nella sua interezza, un brano della lettera ai Romani:

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L'Associazione e Rete dei Viandanti chiede alla Conferenza episcopale italiana di istituire una commissione indipendente per conoscere l’entità della diffusione della pedofilia nella nostra Chiesa.
Il testo elaborato dal GRP e approvato dal Consiglio direttivo dell’Associazione è stato sottoscritto da 26 dei 31 gruppi aderenti alla Rete (tra cui l'Associazione/Rivista Esodo).
Nell’imminenza dell’Assemblea generale della CEI (23-27 maggio), è stato inviato alla Presidenza della CEI, al Presidente del Servizio nazionale Tutela Minori, ai Presidenti delle Commissioni episcopali, ai Presidenti delle Conferenze episcopali regionali e agli organi di stampa.
Pubblichiamo di seguito il documento.

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Pubblichiamo, per gentile concessione dell’editore, un articolo di Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito, tratto dal libro In dialogo con Simone Weil, a cura di Paolo Farina e Maria Antonietta Vito (Effatà Editrice, Torino 2015). Si tratta di un’opera a più mani, scritto a seguito di più incontri presso la comunità di Bose di Ostuni, in Puglia, sulla «Lettera a un religioso» di Simone Weil.
La nostra riflessione su alcuni punti della Lettera a un religioso si articola in due parti. Nella prima ci facciamo carico del delicato tema di un antigiudaismo effettivamente presente nel pensiero di Simone Weil mentre, nella seconda, mettiamo a fuoco il suo rapporto, anch’esso problematico, con il cristianesimo e l’esigenza di viverlo, e di proporlo all’uomo contemporaneo, in una forma pienamente e finalmente incarnata.