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a cura di Carlo Bolpin, Matteo Menegazzo
Le questioni che riguardano il momento finale della vita hanno caratteri del tutto nuovi rispetto al passato. Lo stesso concetto di “fine vita” si riferisce al problema inedito della scelta di morire in modo dignitoso nelle situazioni di permanenza in vita caratterizzate da impossibilità di guarigione, forte sofferenza e assenza di autonomia. Il progresso scientifico ha reso frequenti queste situazioni, almeno nel mondo occidentale, ponendo nuove complesse questioni etiche, giuridiche e sociali. Il dibattito è fortemente conflittuale, particolarmente in Italia. In assenza di una legge nazionale, la maggioranza di governo ha elaborato una proposta di legge, che rispecchia una specifica visione, presentando alcuni punti critici di dubbia costituzionalità, in particolare sulla voluta assenza di un ruolo del Servizio sanitario nazionale. Nella discussione sono coinvolte le visioni, personali e collettive, della vita e della morte.
Pubblichiamo la presentazione del 9 dicembre a Roma dell'ottavo Rapporto sui conflitti dimenticati dal titolo Il ritorno delle armi. Guerre del nostro tempo, edizioni San Paolo.
Eugenio Borgna è morto a 94 anni. Rivoluzionò la cura psichiatrica come "rapporto tra interiorità" . Ha scritto molti saggi confrontandosi anche con opere di letteratura, poesia, filosofia. Ha scritto per Esodo articoli che mostrano la grande apertura per le tematiche della fede. Nei contatti avuti direttamente colpiva la sua gentilezza, la pronta disponibilità e l'interesse per una relazione personale.
Pubblichiamo l'articolo La violenza del linguaggio nelle relazioni, tratto da Esodo n. 1/2020, pp. 9-13, "Parola che crea, parola che distrugge":
Sono molte le pagine che ho dedicato alle parole, alla loro importanza nelle relazioni quotidiane, e in particolare a quella delle parole nelle relazioni fra medico e paziente: paradigmatiche nel creare relazioni umane, e terapeutiche, o invece conflittuali, e antiterapeutiche. Fra le discipline mediche, la psichiatria è quella che dà la maggiore importanza alle parole, e non può vivere senza le parole, di quelle dei pazienti, e di quelle di chi li cura.
Pubblichiamo il documento “Difendi la Corte Penale Internazionale. Contro il dominio dell’illegalità, dell’arbitrio e dell’impunità” firmato da Marco Mascia (presidente del Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” dell’Università di Padova) e Flavio Lotti (presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace).
La Corte Penale Internazionale (CPI) è una pietra miliare della costruzione di un mondo più giusto, pacifico e democratico. Uno strumento di giustizia internazionale che trova il suo fondamento giuridico nella Carta delle Nazioni Unite e nelle Convenzioni internazionali sui diritti umani.
La sua istituzione rappresenta il più straordinario e rivoluzionario avanzamento nella civiltà del diritto internazionale. Il suo Statuto - detto anche “Statuto di Roma”- è stato adottato a Roma, il 17 luglio 1998, al termine della "Conferenza Diplomatica sulla Istituzione di una Corte Penale Internazionale" (15 giugno – 17 luglio 1998) ed entrato in vigore il 1 luglio 2002.
Esodo ha sottoscritto la lettera redatta da Raniero La Valle
Carissimi Ebrei della Diaspora,
vi scriviamo per parteciparvi una duplice angoscia che cresce in noi a partire da quel 7 ottobre del 2023, quando un’efferata azione dei palestinesi di Hamas fece scempio di un gran numero di ebrei di Israele e di molti non israeliani sui bordi della “striscia” di Gaza.
Insieme al dolore per le vittime e alla esecrazione per la brutalità dell’aggressione, la prima di tali angosce ha tratto origine dalla percezione che le conseguenze di quella azione, con tutto il male che portava con sé, sarebbero ricadute sulla intera popolazione di Gaza e sul popolo palestinese in quanto tale, ovunque situato, nei territori colonizzati della Cisgiordania come nei Paesi vicini.
L’aspirazione alla pace è nata in Turoldo [Coderno di Sedegliano, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992] già negli anni della seconda guerra mondiale che trascorse, dal 1941, nella città di Milano. Alle distruzioni e agli orrori cui aveva assistito si aggiunse la sconvolgente esperienza dei campi di concentramento tedeschi che visitò, per incarico vaticano e della curia milanese, immediatamente dopo la fine del conflitto. Scoprì, si può dire in diretta, la condizione dei deportati e i forni crematori. Molti anni dopo, ricordando quella sua visita, confessava di sentire ancora nella gola, quando parlava, il terribile “sapore di cenere di morti” percepito allora.
A tali ricordi nei primi anni del dopoguerra si accompagnarono in lui le speranze suscitate dalla sconfitta del nazifascismo che tuttavia abbastanza presto cedettero il passo alla delusione.
di Amina Crisma
Dodici anni fa, il 4 novembre 2012, ci lasciava Pier Cesare Bori, maestro ed amico nei cui confronti ho un immenso debito di gratitudine. E non si tratta solamente di un enorme debito intellettuale: a lui devo, fra l’altro, il mio primo incontro con Vittorio Capecchi, divenuto poi mio marito (e Pier è stato nostro testimone di nozze).
Vittorio e Pier Cesare erano legati da una grande e antica amicizia, e da profonde affinità: erano simili per rigore e apertura, per sterminata vastità di letture, per limpida intelligenza e umanità mite e generosa, per lucida razionalità e spiritualità intensa. Erano entrambi esploratori di crinali fra le sapienze d’Oriente e d’Occidente, e mi piace immaginare che stiano continuando da qualche parte, non troppo distante da noi, la loro amichevole conversazione. Sulla rivista fondata e diretta da Vittorio c’è un’intera sezione dedicata ai contributi di Pier, e a scritti su di lui (“Pier Cesare Bori e la rivista Inchiesta” in www.inchiestaonline.it ).
di Maurizio Ambrosini
Il governo Meloni ha in realtà tre politiche migratorie. La prima è la continuazione della buona accoglienza dei profughi ucraini, accuratamente tenuti fuori dal dibattito sui confini e l’invasione: 150.000 persone, un terzo dei rifugiati accolti nel nostro paese.
La seconda politica è l’accresciuta apertura agli ingressi di lavoratori: 452.000 in tre anni. Senza però nessuna misura di accoglienza e integrazione. Soltanto braccia, richieste con inedita energia dagli attori imprenditoriali.
A questo punto entra in scena la terza politica, quella della chiusura verso gli ingressi per ragioni umanitarie. Il governo Meloni, costretto a rinunciare al sovranismo su altri e più impegnativi dossier, come il rigore di bilancio richiesto da Bruxelles, ha individuato nella politica dell’asilo il terreno su cui rispondere alle attese dei suoi elettori e mostrare fedeltà con il proprio profilo ideologico. Tra l’altro a basso costo, e comunicando persino il messaggio di risparmiare sulle spese per l’accoglienza, avendo accuratamente rimosso il dossier ucraino.
di Giuseppe Tattara
“È la giustizia, non la carità, che manca nel mondo”.
Mary Wollstonecraft,
Rivendicazione dei diritti della donna, 1792
Il sovrappiù prodotto dai paesi dell’Africa sub sahariana spiega buona parte dello sviluppo industriale dell’Europa, dell’America e dei grandi paesi asiatici negli ultimi anni perché i paesi africani sono stati e sono tuttora produttori di risorse - manganese, cromite, cobalto, fosfati, idrocarburi, uranio radioattivo e molti prodotti dell'agricoltura - necessarie per la crescita economica dei paesi sviluppati. Tuttavia l’ammontare e anche la direzione di tale sovrappiù sono nascosti dai metodi comunemente adottati di calcolo del valore del commercio estero dei paesi africani. Bisogna ristudiare il processo di produzione del sovrappiù e demistificare l’atteggiamento di coloro che sottolineano la generosità degli aiuti forniti all’Africa sub sahariana dai governi occidentali e dalle istituzioni internazionali, l’importanza del debito e l’incapacità di questi paesi di intraprendere una strada di sviluppo.
di Nicoletta Dentico, in sbilanciamoci.info 17 ottobre 2024
I Big Tech o Gafam (Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft) hanno introiti più ingenti del Pil di Stati come Svezia o Israele. Ma pagano poche tasse e nel 40% dei casi in paradisi fiscali. Ora però la partita passa dai malleabili G20 e Ocse alle Nazioni Unite.
Il tema della tassazione digitale ha conquistato la agenda politica internazionale da quando l’OCSE, nel maggio 2019, ha annunciato la approvazione di una roadmap per risolvere le sfide fiscali della transizione alla economia digitale. Già nel 2018 l’Unione Europea aveva messo a punto un set di regole per equilibrare una asimmetria fiscale dagli impatti economici assai negativi fra le aziende digitali, che pagavano una media del 9,5% di tasse, ed il business tradizionale, soggetto ad una tassazione del 23,2%. La questione è tornata in auge di recente con il negoziato sul cosiddetto Patto del Futuro concluso a settembre alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Patto, carico di ambiziose aspirazioni, include anche la definizione di un Global Digital Compact 1che non elude il tema della tassazione.
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Un giorno tutti diranno di essere stati contro
Omar El Akkad
Feltrinelli 2025
Un giorno nella vita di Abed Salama. Anatomia di una tragedia a Gerusalemme
di Nathan Thrall
Neri Pozza 2025
Filosofia minima del pendolare
di Bjorn Larsson
Iperborea 2025