Non possiamo tacere ed è difficile scegliere tra i tanti tragici casi (non più episodi) di razzismo. "E' tempo della vergogna " ha detto Papa Francesco. Perché non abbiamo più la scusa di non sapere, non vedere... Non siamo rassegnati perché molte sono le iniziative positive e le proposte per affrontare i problemi dei processi migratori e delle relazioni interculturali. Ma ora non possiamo non vergognarci come spinta a fare di più.
Pubblichiamo la riflessione di di Marina Corradi in "Avvenire" del 5 giugno 2021:
La lettera di Seid. Lo schiaffo che deve farci aprire gli occhi sul razzismo
Nella Rassegna stampa pubblichiamo questo intero articolo di particolare interesse che indica le linee da realizzare presto nella "speranza di una società futura, che non veda nel crollo demografico un semplice e tragico fattore numerico, ma un’occasione per un passo storico in avanti".
Per non fare a pezzi l’Italia. Figli da mettere al mondo e da includere di Francesco D’Agostino in “Avvenire” del 30 maggio 2021
Limitarsi a parlare di "disagio", quando si accenna alla crisi demografica italiana, come purtroppo continuano a fare in molti è paurosamente riduttivo.
Proponiamo una breve rassegna per un impegno di pace:
Sostegno del MIR ai lavoratori aeroportuali che rifiutano di caricare armi per Israele
NotInOurNames, l'appello di giovani ebrei italiani
Le Ong a difesa della legge 185, un articolo di Avvenire
Appello perché l'Italia aderisca al Trattato Onu di proibizione delle armi nucleari, di associazioni e realtà del mondo cattolico, tra cui la rete Viandanti a cui Esodo aderisce.
Associazioni Cattoliche contro le armi nucleari, l'appello
Le Associazioni cattoliche di Padova per la proibizione delle armi nucleari
Condividiamo le proposte della Rete italiana Pace e Disarmo (RiPD) per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e auspichiamo che vengano ascoltate e accolte.
La Rete italiana Pace e Disarmo ha sollecitato il Presidente del Consiglio Mario Draghi a un confronto, inviandogli nuovamente le “12 Proposte di pace e disarmo per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, dopo le aperture a possibili destinazione “armate” dei fondi europei Next Generation EU.
di Gianni Tognoni*
Il quando e il dove della domanda posta dal titolo
Come spesso succede, e questa volta la sottolineatura preliminare è obbligatoria, l’esplicitazione del contesto è imprescindibile per entrare e soprattutto condividere o meno la sostanza di quanto si vorrebbe dire. Il collegamento tra le tre componenti del contesto che vengono presentate nei punti che seguono potrebbe sembrare difficile, ma descrive perfettamente la situazione in cui si colloca la domanda del titolo generale di questo contributo:
di Roberto Mancini
Nelle pagine che seguono vorrei approfondire la questione del profilo antropologico che orienta la cultura dell’economia vigente, incentrata com’è noto sulla figura dell’homo oeconomicus. In questa concezione opera una sostituzione della stima per l’umanità con una sorta di disprezzo aprioristico, per cui l’uomo per natura sarebbe autointeressato, aggressivo e calcolatore.
di Gabriele Blasutig
Diventare diseguali
Si potrebbe cominciare queste pagine di riflessione e analisi sulle disuguaglianze con una frase che è più di un gioco di parole: differenti si nasce, disuguali si diventa. Ci sono svariati aspetti e caratteristiche che rendono gli individui differenti gli uni dagli altri, fin della nascita. Si tratta di elementi soggettivi, come il sesso, i tratti somatici, il temperamento, e di fattori ambientali, come la famiglia di origine e il luogo di nascita.
di Gianfranco Bettin
Non penso che ci sia nessuno davvero indifferente all’ambiente. Tra gli atteggiamenti opposti, quello predatorio o dissipativo e quello rispettoso, e nell’intera gamma intermedia, salvo casi patologici, l’indifferenza non credo sia possibile.
Forse si può parlare di ottusità o, nel senso etimologico, di idiozia: di qualcuno, cioè, talmente “individuo privato”, talmente autoreferenziale, diremmo oggi, da rendersi rozzamente incapace di vedere al di là di se stesso - del proprio naso, della propria corta vista.
di Danny Castiglione, di Officina 31021
Si chiama The Game perché se riesci hai vinto, se perdi ci provi un’altra volta.
La chiamano proprio così la rotta balcanica: “The Game”. Le prove da superare: sentieri impervi, barriere di filo spinato, forze armate, polizia, manganelli, telecamere termiche e droni. Se le superi la salvezza, se ti fermi o l’inferno o la morte.