di Giancarla Codrignani
Siamo in guerra da un anno e rischiamo il terzo conflitto mondiale. La guerra è presente in Congo, in Afghanistan, in Siria, in Birmania, in Burkina Faso, in Iran, nella Palestina di un Medioriente sempre più allargato, in Pakistan, nei Balcani così vicini e già provati: ovunque rischia di degenerare. E’ arrivata in Europa, a dimostrazione che la democrazia è fragile e può essere contagiata dall’incapacità di controllare i conflitti con le armi civili del dialogo diplomatico preventivo. Impensabile diventare indifferenti alla minaccia nucleare per accettazione disinformata, non più innocente.
Rilanciamo il comunicato stampa del Tavolo Asilo e Immigrazione Dall’Europa un altro regalo ai trafficanti, a scapito dei diritti, del 10 febbraio 2023.
Il Consiglio Europeo straordinario del 9 febbraio si è chiuso rilanciando, sulle questioni che concernono la migrazione, le preoccupanti indicazioni proposte dalla Commissione già il 21 novembre scorso, in continuità con una politica migratoria europea che dal 2015 è sempre più restrittiva e miope.
Le decisioni prese vanno in direzione opposta rispetto a quelle politiche che ad oggi non solo appaiono necessarie, ma si dimostrerebbero sicuramente più efficienti ed efficaci. Costruire muri, finanziare ulteriori iniziative di sorveglianza aerea e rafforzare il controllo delle frontiere non impedirà alle persone di rischiare la vita in cerca di sicurezza in Europa. Al contrario, queste misure non faranno altro che costringere le persone a correre maggiori rischi per poter richiedere protezione, mettendole ancor più nelle mani dei trafficanti di esseri umani e costringendole a fuggire attraverso rotte sempre più pericolose.
di Andrea T. Torre
Dalla fine del 2013 l’Italia è stata interessata da un afflusso di persone che hanno attraversato il canale di Sicilia dalla Libia verso le proprie coste. Non è scopo di questo articolo analizzare complessivamente queste dinamiche1, tuttavia, per inserire il tema dell’accoglienza per come si è sviluppata dal 2014 a oggi, sono necessarie almeno un paio di sottolineature.
La prima, quella più generale, vuole contestualizzare il fenomeno degli arrivi via mare come fenomeno congiunturale; non ci sono, come purtroppo è stato comunicato per incompetenza o per mirati obiettivi politici (che hanno portato peraltro ottimi risultati a coloro che hanno usato queste narrazioni) indicatori che confermino l’argomento dell’invasione o del fenomeno “epocale”2.
Queste lettere sono le comunicazioni che Ugo Pellizzon, insegnante in pensione, ha inviato ai suoi amici dalla Repubblica Centrafricana, dove si trova per un periodo di volontariato e di verifica in vista di un suo impegno a più lungo termine nel paese. Lo ringraziamo per la sua testimonianza e la sua condivisione.
2 febbraio 2023
Cari tutti,
è da molto che non mi faccio sentire, ma questo per varie ragioni, tra cui il fatto che sono rimasto senza internet per qualche giorno. Sto bene, e trovo la Repubblica Centrafricana (RCA) molto interessante. Mi colpisce di più il lavoro che fanno tanti missionari e volontari qui, di cui vi voglio parlare.
1. Il cristiano di fronte al male nella storia o meglio dentro il male. Riprendendo Bonhoeffer, che considera l’incarnazione come legge della storia, il cristiano sa che qualsiasi azione compia rimane nel peccato. Nella storia non si pone l’alternativa astratta tra il Bene assoluto e il Male assoluto. Qualsiasi azione facciamo per compiere il bene si rimane nella situazione di peccato: comporta assumere il rischio della scelta personale nella situazione concreta con la fede nella misericordia di Cristo che ha preso su di sé il peccato e lo ha vinto. Compiere una azione che si ritiene necessaria per raggiungere un bene, come uccidere il tiranno o partecipare alla guerra per la libertà del proprio popolo, è quindi contemporaneamente bene e male, giusto e peccato. Se è così, è una contraddizione interna alla coscienza personale del cristiano ma ha anche significati per la Chiesa e per l’etica umana collettiva?
Più che di contraddizione – termine che evoca uno scenario di tensione tra due polarità – parlerei di complessità e dunque di intrecci.
1. Il cristiano di fronte al male nella storia o meglio dentro il male. Riprendendo Bonhoeffer, che considera l’incarnazione come legge della storia, il cristiano sa che qualsiasi azione compia rimane nel peccato. Nella storia non si pone l’alternativa astratta tra il Bene assoluto e il Male assoluto. Qualsiasi azione facciamo per compiere il bene si rimane nella situazione di peccato: comporta assumere il rischio della scelta personale nella situazione concreta con la fede nella misericordia di Cristo che ha preso su di sé il peccato e lo ha vinto. Compiere un’azione che si ritiene necessaria per raggiungere un bene, come uccidere il tiranno o partecipare alla guerra per la libertà del proprio popolo, è quindi contemporaneamente bene e male, giusto e peccato. Se è così, è una contraddizione interna alla coscienza personale del cristiano ma ha anche significati per la Chiesa e per l’etica umana collettiva?
Se assumiamo il tema della violenza bellica come cartina di tornasole in grado di gettare luce su questa più generale (e complicata) questione etica, occorre partire da una considerazione storica.
di Stefano Levi Della Torre
1) Il dramma delle migrazioni è una ferita nelle sue origini, nei suoi percorsi e nei suoi approdi, una ferita che rimarrà aperta per un tempo non Le persone di buona volontà ne cercano cure e rimedi ma non possono dare soluzioni. È una mutazione storica, eppure si presenta come emergenza. Tanto più per i suoi aspetti tragici che impongono l’affanno di salvare vite. Questo non può che essere una priorità, un’urgenza a cui non si può derogare, contrapponendo ad essa il problema immediatamente successivo, reale e arduo, quello di dare accoglienza e prospettiva ai salvati e ai migranti nei paesi di arrivo.
di Roberto Mancini
Nelle pagine che seguono vorrei approfondire la questione del profilo antropologico che orienta la cultura dell’economia vigente, incentrata com’è noto sulla figura dell’homo oeconomicus. In questa concezione opera una sostituzione della stima per l’umanità con una sorta di disprezzo aprioristico, per cui l’uomo per natura sarebbe autointeressato, aggressivo e calcolatore.
Pubblichiamo il discorso di Dario Calimani, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, al Teatro La Fenice durante la Cerimonia cittadina per il giorno della memoria.
"Fare Memoria non è solo inchinarsi in silenzio davanti alla storia, e non può essere il vuoto di un rito. Né si può pretendere che la memoria sia l’esibizione oscena del dolore altrui.
Per attenersi alla nudità dei fatti, bisognerebbe concentrarsi sui ben noti temi perversi che hanno dato vita, nei secoli e fino ai nostri giorni, all’antisemitismo e alle sue nefaste conseguenze: la diffusione del pregiudizio, il mito della finanza e della lobby ebraica mondiale, le teorie della razza pura, e le pratiche dell’isolamento e dell’emarginazione, fino ad arrivare all’individuazione della razza nemica che cospira ai danni della civiltà occidentale e che fa da quinta colonna tramando contro gli interessi della nazione; e poi le leggi razziali, che estromettono dalla società e dal consesso civile e trasformano le persone in reiètti e indegni, privandoli, nell’indifferenza generale, del riconoscimento sociale e dei mezzi di sostentamento, e finalmente la caccia all’ebreo, la delazione per poche lire, la deportazione, i carri bestiame, le camere a gas, i forni crematori. E il ritorno dei pochi sopravvissuti, ancora una volta fra l’indifferenza di tutti, estranei e parenti, nell’incredulità di tutti. E poi, alla fine, le commemorazioni di rito.
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