Riprendiamo quest'intervista di Carlo Bolpin a Maurizio Ambrosini, docente di sociologia delle migrazioni, Università statale di Milano, pubblicata in "Pace&Legalità" n.10  del Centro per la pace e la legalità Sonja Slavik.

    La rappresentazione diffusa degli immigrati è tale da suscitare atteggiamenti negativi: sono per lo più maschi (che portano via il lavoro), musulmani (difficilmente integrabili), vengono per motivi economici e quindi non hanno diritto all'asilo. Si dice inoltre che l'Italia è il Paese in Europa che subisce di più l'ingresso, "l'invasione" di migranti. È così?

    Il discorso pubblico ripete ogni giorno che siamo di fronte a un fenomeno gigantesco, in tumultuoso aumento, che proverrebbe principalmente dall’Africa e dal Medio Oriente e sarebbe composto soprattutto da maschi mussulmani. I dati disponibili ci dicono invece che l’immigrazione in Italia dopo anni di crescita è sostanzialmente stazionaria, poco sopra i 5 milioni di residenti regolari, a cui va aggiunta una stima di circa 500.000 presenze irregolari. Gli immigrati sono arrivati per lavoro in un primo tempo, poi per ricongiungimento familiare, con circa un milione di minori e 2,4 milioni di occupati regolari. Pochissimi per asilo, meno del 7% del totale. Come se non bastasse, le statistiche dicono che l’immigrazione in Italia è prevalentemente femminile, per quasi la metà europea e proviene in maggioranza da paesi di tradizione cristiana.

    Quanto alla leggenda dell’Italia “campo profughi d’Europa”, l’affermazione è contraddetta dai dati Eurostat, secondo cui nel 2022 la Germania ha ricevuto 218.000 richieste d’asilo, la Francia 137.000, la Spagna 116.000, l’Italia 77.000. I richiedenti asilo non arrivano soltanto dal mare. Sbagliato ed enfatico anche parlare di un’emergenza senza precedenti. Nel 2015 e 2016 nell’UE le richieste di asilo hanno superato il milione: 1.321.000 nel 2015 e 1.259.000 nel 2016, a causa soprattutto della guerra in Siria e della fuga di chi poteva da quel martoriato paese, ed è stata la Germania ad accoglierne gran parte. In Italia nel 2014-2017 gli sbarchi hanno superato sempre le 100.000 unità all'anno, prima dei controversi accordi con la Libia, mentre le domande di asilo sono cresciute proporzionalmente a seguito dell'istituzione degli hotspot richiesti dall’UE, superando le 100.000 nel 2016 e nel 2017, ma rimanendo comunque sempre al di sotto dell’impegno della Germania e di altri paesi: la Svezia accoglie 25 rifugiati ogni 1.000 abitanti, l’Austria 15, l’Italia 3,5.

     

    L'attuale Governo italiano pone come solo obiettivo il blocco delle partenze dei flussi migratori, anche a livello europeo, escludendo i temi delle politiche europee per l'accoglienza e l'inserimento. Per questo accusa le ONG e le associazioni che operano per l'accoglienza, di buonismo complice degli scafisti. La solidarietà è diventata un reato. Quali sono i problemi etici e giuridici relativi al diritto alla vita e alla cittadinanza universale? I flussi migratori dipendono dagli scafisti capaci di ingannare?

    In realtà il governo italiano persegue tre diverse politiche migratorie, in precario equilibrio tra loro.
    Il primo approccio riguarda i profughi ucraini, a oltre un anno dall’invasione russa. L’Italia a fine marzo 2022 ha recepito la direttiva dell’Unione Europea dell’inizio del mese, concedendo una protezione di un anno, recentemente rinnovata, l’immediato accesso all’assistenza sanitaria e al sistema educativo, la possibilità di cercare un impiego regolare.  A un anno di distanza, l’Italia ha accolto circa 170.000 profughi ucraini (la Germania, è bene ricordarlo circa un milione), senza porre limitazioni numeriche. E’ rimarchevole il fatto che l’accoglienza non ha suscitato polemiche politiche né resistenze sociali, né speculazioni mediatiche. Sarebbe difficile sostenere che i profughi ucraini non pesino sul sistema di welfare, eppure -fortunatamente- nessuno ha eccepito. Non sono nemmeno definiti nel discorso pubblico come rifugiati o immigrati.
    Il secondo caso scaturisce direttamente dalle recenti disposizioni governative, che hanno abbozzato una sorta di nuovo schema delle politiche migratorie dopo il disastro di Cutro. Sono morte in mare persone che fuggivano da guerre e repressioni, e l’esecutivo Meloni ha annunciato un aumento delle opportunità d’ingresso per lavoro (poi precisate in 450.000 nei prossimi tre anni) che coinvolgerà paesi diversi da quelli da cui partivano i naufraghi di Cutro, in maggioranza afghani. Il governo ha in realtà risposto alle pressioni dei datori di lavoro, stretti tra carenza di manodopera e procedure bizantine per i nuovi ingressi, tanto che finora i decreti-flussi sono serviti sostanzialmente a regolarizzare lavoratori già entrati in Italia e privi di documenti idonei per l’assunzione.
    Il terzo approccio riguarda i rifugiati dal Sud del mondo, e diventa l’occasione per sciorinare un manifesto sovranista, come quello annunciato alla Camera dalla premier prima della partenza per il Consiglio europeo del marzo scorso: "prevenire le partenze irregolari, arginare il traffico di esseri umani, dedicare adeguate risorse finanziarie, collaborare con i principali Paesi di origine e transito dei migranti, aumentare i rimpatri, incentivare la migrazione legale e i corridoi umanitari". A parte l’ultimo punto, su cui il governo italiano in realtà ha soltanto previsto il già ricordato aumento degli ingressi per lavoro, la linea è quella della chiusura, dei respingimenti, della delega del lavoro sporco di contrasto delle partenze ai paesi di transito, in modo particolare quelli rivieraschi.
    L’esasperata politicizzazione delle questioni legate all’immigrazione, e il loro sfruttamento in chiave propagandistica, hanno prodotto fra altri effetti tossici un’insensata guerra a chi soccorre, accoglie, rifocilla le persone, senza guardare ai loro documenti. Il principio di sovranità e la difesa dei confini sono stati elevati da alcuni, e anche da una certa magistratura, a valori assoluti, superiori alla protezione della vita e della dignità degli esseri umani. Negli Stati Uniti i volontari che soccorrono i migranti nel deserto, al confine con il Messico, sono stati colpiti più volte con multe e processi penali. In Francia il noto attivista-agricoltore Cédric Herrou, come diversi altri, è stato condannato nel 2017 e posto agli arresti domiciliari, prima che la Corte costituzionale d’Oltralpe pronunciasse nel luglio 2018 una sentenza di fondamentale importanza, giudicando incostituzionale il “reato di solidarietà”: il sostegno disinteressato a un migrante non può essere perseguito, in nome del “principio di fraternità”, che va posto sullo stesso piano degli altri due principi fondativi della Repubblica francese, la libertà e l’uguaglianza. La difesa dei confini e le regole sull’immigrazione vanno contemperate con principi umanitari, segnatamente verso chi fugge da guerre e persecuzioni. Il caso ucraino ce lo sta insegnando. Soprattutto vanno tutelati coloro che, di loro iniziativa e senza interessi personali, si prodigano per soccorrere gli esseri umani. 

     

    L'accusa fatta a chi critica questa posizione è che non ci sono alternative alla difesa dei confini e all'aiutarli a casa loro. È possibile indicare alcune linee di azione in base a buone pratiche realizzate di accoglienza e di inserimento? Così si pretende di accogliere tutti mentre noi abbiamo già tanti problemi economici e sociali?

    In realtà, come ho già spiegato a proposito dell’Italia, i governi del Nord del mondo praticano politiche di mobilità selettiva: accolgono benestanti, lavoratori qualificati, ora forse anche meno qualificati, operatori sanitari, studenti, rifugiati in arrivo da paesi amici. Non vogliono migranti dal Sud del mondo etichettati come poveri. Una diversa politica migratoria si dovrebbe articolare in diversi capitoli. Primo: distinguere e integrare diverse forme e canali d’immigrazione. Per es.: vogliamo o no le assistenti familiari per assistere i nostri anziani? E se abbiamo bisogno di lavoratori, perché non consentire ai richiedenti asilo di transitare nel canale dell’immigrazione per lavoro, magari seguendo appositi corsi? Secondo: promuovere accordi e collaborazioni internazionali, a partire dai due Global Compact, per far arrivare gli immigrati dove sono richiesti e ripartire gli oneri dell’accoglienza dei rifugiati. Terzo, sempre a proposito di rifugiati, oltre a sostenere il ritorno quando è possibile e desiderato dalle persone interessate, ampliare le possibilità di reinsediamento in paesi sviluppati e le sponsorizzazioni private, tra cui rientra la benemerita iniziativa dei corridoi umanitari.