Notizia
di Alberto Laggia
Edizioni Messaggero Padova 2021

Alberto Laggia, giornalista, è inviato del settimanale Famiglia cristiana, esperto in particolare del Nord-est italiano, delle problematiche riguardanti minori, migranti, realtà ecclesiale. Dal 2008 è coordinatore della “Scuola di cultura del Giornalismo A. Chiodi” di Venezia Mestre. Nel 2009 ha scritto il testo teatrale “Facile dire giornalista”.

Nei vari capitoli si sente la competenza e l’onestà di chi lavora sul campo, maneggia le informazioni, sa di che parla per diretta esperienza. Con stile chiaro e coinvolgente, offrendo anche notizie curiose e stimolanti, l’autore percorre la storia della “notizia” che è il cuore del giornalismo fin dall’inizio dei primi giornali. Dal momento della sua nascita la “notizia” ha caratteristiche precise, mette “in-forma” i fatti, separandoli dalle non-notizie. Il giornalista quindi crea l’informazione, trasforma i fatti in racconto: cosa distingue quest'operazione dalla manipolazione che falsa i contenuti, strumentalizza vicende e personaggi per fini propri senza rispetto per il lettore? Attraverso esempi si delinea l’essenza della notizia e il problema del rapporto con i lettori del giornalismo di qualità. Ma esiste ancora il “giornalismo”? Può esistere oggi?
Le notizie “corrotte” ci sono sempre state, per aumentare le vendite o per attirare consenso, per il successo proprio o altrui.
Fino a oggi avevamo dei criteri per valutare le informazioni, in primo luogo la credibilità del giornale e dell’editore, soprattutto la fiducia acquisita dal giornalista, ben riconoscibile. Ma ora?
Le nuove tecnologie dell’informazione rompono questo rapporto. Robot e algoritmi producono, selezionano, elaborano le notizie. I social network e i media amplificano la manipolazione dei fatti, rendono difficile riconoscere l’enorme quantità di bufale istantanee veicolate a grande velocità e le stesse fonti si perdono nell’anonimato. Si nascondono o si creano le informazioni in base al presunto gradimento del pubblico, ma si crea questo gradimento amplificando in modo ossessivo certe notizie e ignorando altre. 

L’autore è attento anche al declino del giornalismo dovuto anche alle condizioni precarie dei giornalisti, in particolare giovani. 
La sfida, riprendendo Gianni Riotta, “non è tra testate all’antica e siti web, ma tra giornalismo di qualità e disinformazione corriva, vuoi pilotata da lobby politiche o economiche occulte, vuoi diffusa in cerca di un click in più”.

Negli ultimi capitoli Laggia propone le linee per il giornalismo di qualità che cerca “la buona notizia”: un giornalismo ecologico, sostenibile, lento, militante perché produce meno ma meglio, che educa alla qualità e non a drogarsi d’informazione senza la lentezza della comprensione. In modo nuovo ma occorre tornare al giornalismo civile in rapporto diretto con la comunità locale, capace di costruire comunità, di produrre cambiamento. In questo senso il futuro è il giornalismo “intenzionale”, “sociale”, “di prossimità” perché la notizia nasce dal lavoro sul campo, con la gente.
In conclusione: “ Il cinico non è adatto a questo mestiere”, non per rincorrere un ideale astratto, ma perché i media perdono di credibilità, rompono il necessario rapporto di fiducia con i lettori, “pizzicati più volte a intrattenere rapporti proibiti con il potere, a peccare di collateralismo, a celare più che a rivelare, a inseguire il gossip e a propinare opinioni, invece di produrre notizie di prima mano da proporre in esclusiva ai propri lettori”.
Gli algoritmi e i social network sono in grado di conoscere l’interesse del momento dell’utente, ma non possono capire cosa sia importante, rilevante, tanto meno riescono a riconoscere l’interesse collettivo e non contingente del singolo individuo. Il buon giornalista è il “cane da guardia del potere”, deve fare inchieste per smascherare corruzione e complicità con il malaffare, sventare i pericoli per la democrazie e la libertà. Altra cosa è, come diffuso sempre più, riempire tutte le pagine di negatività, gonfiando e manipolando i dati, strumentalizzando le paure, come quando si parla dell’invasione dei migranti e della minaccia della criminalità, senza analisi accurate e documentate. Si sa che le tragedie attirano di più che le buone esperienze positive, e anche che i drammi commuovono al momento e sono presto dimenticati sopraffatti da altre cattive notizie.  
Il business porta i mezzi di informazione a inseguire i facili immediati interessi e intacca così la continuità dell’affidabilità, della fiducia, nella ricerca continua di investire in novità attraenti, sempre più lontane dal ruolo dell’informazione, sempre più lontane dal lettore.
Non ci si può stupire che i giornali vendano sempre meno, che il giornalismo sia in crisi.
Laggia però fa esempi positivi di giornalismo sia della carta stampata che social.
Esempi di “giornalismo sociale” che mostra la possibilità di una “nuova stagione”, che “impone maggior preparazione e attenzione ai codici deontologici giornalistici [...] l’esordio di nuove professionalità. Come per esempio il 'giornalismo umanitario', a metà strada tra il reporter di guerra e il mediatore di conflitti”.

a cura di Carlo Bolpin

Alberto Laggia
Notizia
Edizioni Messaggero Padova 2021, pp. 168, euro 15