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La guerra (come prima il Covid) ha fatto fiorire una miriade di sconosciute/i esperti di storia, di politica, di strategie militari, di armamenti, ecc. Per ogni argomento i giornali e le televisioni per tutti i giorni a ogni ora recuperano opinionisti, maschi e femmine finalmente in numero paritario, che rispondono a chiamata a ogni tipo di questione con sicurezza seppur con scarsa analisi e documentazione. D’altra parte è facile ripetere, con tono perentorio e spesso urlato, le stesse ricette con un impressionante conformismo e con arroganza verso chi pensa diversamente, fino all’offesa come accaduto al pacato direttore di Avvenire e alla censura come per papa Francesco. Facile è ripetere le etichette di “pacifista” (senza conoscere le profonde differenze, storie, esperienze, proposte di questo mondo omologato in tono derisorio) a chi dubita che l’escalation delle armi sia la soluzione e propone strade diverse (diverse sia dalla resa che dalla distruzione del popolo ucraino).
Certamente è sempre stato che la guerra è guerra anche di propaganda e bisogna chiamare anche i riservisti per fare quadrato e semplificare dentro la logica amico-nemico. Lo scontro - si dice - è tra civiltà: prima era tra Occidente (bianco e cristiano) contro l’Islam, ora tra Occidente moderno-democratico e Russia zarista. Ogni analisi è cedimento al nemico. Ma la storia dei disastri e dei fallimenti di questo modo di vedere non ha insegnato proprio nulla? Comune a tutte e tutti è la domanda decisiva: avete ragione a studiare il passato e a dire le responsabilità dell’occidente, ma ora che si fa? Bisogna difendersi contro l’aggressione e stare con l’aggredito. Ovvia costatazione. Come è evidente che Putin è un criminale: ma chi finora non si era accorto di questo e ha fatto affari? E chi invece l’ha sempre detto e condannato il nuovo zar, e veniva indicato come “pacifista moralista”?

Per capire come trovare le possibili realistiche prospettive di soluzione - se davvero si vogliono trovare - occorre proprio l’analisi di come si è arrivati alla guerra, di quali sono i diversi interessi in gioco delle grandi potenze, Usa, Russia e Cina, e dei diversi paesi europei che non agiscono in modo uniforme proprio per le diverse condizioni e i diversi interessi. Questa analisi serve per uscire dalle ideologie e dalle appartenenze di schieramento che perpetuano i rischi di aggravare le distruzioni delle città, di fare migliaia di morti, di intensificare le violenza contro donne e bambini in Ucraina.
Obiettivo di Esodo è sempre di avere gli strumenti critici per una valutazione etica che deve fondarsi sulla conoscenza della realtà. Pericoloso è - come fanno anche noti teologi - restare nel cielo dei valori assoluti. Abbiamo sempre denunciato la separazione della politica dall’etica.

I due numeri di Limes ci aiutano a capire, a studiare (considerato da tempo un brutto termine: ma se non abbiamo compreso prima continuiamo a sbagliare; cerchiamo di fare un corso rapido con chi davvero studia. Non fidiamoci degli opinionisti). Gli articoli, nello stile e con la metodologia della rivista, affrontano con approccio interdisciplinare le varie questioni e le relazioni tra i diversi Paesi, coinvolti ai diversi livelli, in una prospettiva storica e geopolitica, che mostra tutta la complessità delle situazioni in cui si intrecciano dimensioni economiche, politiche ma anche culturali relative alle radici che agiscono in profondità nei popoli e nella psicologia delle masse e dei leader. Un approccio questo non consueto tra politici e opinionisti, ma indispensabile per chi la responsabilità di prendere decisioni o di informare e formare un’opinione pubblica capace di orientare i politici.

di Carlo Bolpin

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