di Marina Salvato 

Tra il 15 e il 18 giugno il Cansiglio ha vissuto un’esperienza straordinaria, partecipata da più di mille persone. Una “prima volta”, a livello italiano, di un incontro su un tema di grandissima attualità:  “La foresta tra scienza, benessere e spiritualità”. Un tema affrontato da una pluralità di voci, anche molto diverse, ma complementari, quali quelle della scienza, con le Università di Padova e di Venezia, degli operatori forestali, con Veneto Agricoltura, dei tanti movimenti ambientalisti, da Extinction Rebellion a Friday for future, a Lega Ambiente, al Cai, al Movimento Laudato Si’…, e da numerosi gruppi che approfondiscono e vivono la foresta come benessere psicofisico, quali Società Selvatica, i cultori dello yoga in foresta e, infine, gli artigiani del legno e della creta. Proprio la pluralità dei punti di vista rappresentava la sfida più difficile del Convegno, che tuttavia ha vinto la prova e ha segnato un prezioso primo momento di un processo di presa di coscienza e sensibilizzazione anche istituzionale, capace di raccogliere le forze in senso ampio “ambientaliste” e creare un movimento culturale, sociale e spirituale in grado di opporsi alla devastante catastrofe climatica. 

I responsabili dei diversi settori, uniti in una promettente interdisciplinarietà, si sono tutti insieme interrogati - nel corso di una affollata tavola rotonda - sugli strumenti necessari a promuovere una più matura coscienza ambientale e una più incisiva capacità di difendere la foresta, la Terra e l’umanità dalla distruzione. E’ emersa, in primis, la necessità di attivare dinamiche di informazione di alta qualità e credibili, tanto più nel tempo delle fake news e dell’Intelligenza Artificiale, che rende illusorio il confine tra vero e falso. E, contemporaneamente, si è sottolineato il bisogno di un sistema formativo, articolato incisivo e appassionato, che investa la scuola sin dai primi gradi fino alle grandi agenzie educative… Compresa la politica (e le Amministrazioni territoriali), che costituiscono il momento ineludibile ma al tempo stesso anche il punctum dolens dell’intero discorso pubblico sull’ambiente.

Ma il motivo che più ha conferito eccezionalità all’evento, è stata la presenza in Cansiglio dello sciamano Marcos Dunù del Popolo indigeno amazzonico dei Mayuruna, che vivono nella Valle del Javarì (nel sud-ovest dello Stato dell’Amazonas). Un rappresentante mite e carismatico della grande sabedoria”(sapienza) ancestrale dei Popoli Indigeni della immensa foresta amazzonica, “che la vivono - ci ha spiegato Marcos -  come estensione del proprio corpo, come la propria casa, e al tempo stesso come parte integrante della loro identità culturale e spirituale”. Lo sciamano mayuruna, con una immediatezza priva dei fronzoli retorici della nostra cultura, e in atteggiamento di sincera amicizia, ha saputo animare tavole rotonde e guidare camminate nella foresta dalla potenza di riti cosmici, comunicandoci (con originale e originaria empatia) la forza segreta che emana dalla Madre Terra, dalle sue creature e dai suoi spiriti. L’eccezionalità (ma potremmo anche dire sommessamente “il miracolo”) di un simile incontro di dialogo interculturale, tra due culture - quella ancestrale e quella tecno-scientifica - che sono agli antipodi delle civiltà del pianeta, è stata sottolineata da alcune affermazioni di Marcos così potenti da illuminare i bui recessi della post-modernità: “Io mi sento come a casa qui nella vostra foresta del Cansiglio, e vi invito a venire a conoscere la mia casa, la foresta dell’Amazzonia, perché sento che voi l’amate e la rispettate come noi popoli indigeni l’amiamo”.

Fortissima rimarrà la memoria delle parole pronunciate da Marcos in una camminata rituale nella foresta, nella mattina conclusiva, assieme a Toio e a un gruppo straordinario di giovani ambientalisti, delle sigle più importanti, che hanno stupito per il grado della loro competenza (anche dei complicati ordinamenti amministrativi e legali) e la passione del loro amore alla natura. “Con i suoi spiriti, i suoi meravigliosi alberi, con le infinite vie d’acqua e la sua ricchissima biodiversità, la nostra foresta non è solo nostra, di noi Popoli Indigeni, ma è anche vostra e di tutta l’umanità. Proteggendola, noi proteggiamo la nostra vita e al tempo stesso la vostra sopravvivenza”.  Mentre lo sciamano lanciava questo straordinario appello, e l’accompagnava col canto (prima di imparare a parlare, i bambini indigeni imparano a cantare!) che evocava gli spiriti e lo stormire delle foglie, noi, appoggiati con le mani e la fronte a un faggio o abbracciandolo, sentivamo che la Terra è viva e sacra, e che tutto si tocca non solamente con il corpo ma anche con la mente e con l’anima, fuse (e non confuse) in una medesima amalgama. E sperimentavamo, come scrive papa Francesco nella Laudato Si’, che tutto è parte di una stessa famiglia universale dei viventi. Esperienza questa, che ha vibrato a lungo nel profondo della nostra coscienza, e che nello stesso momento ha rappresentato un vertice di quel dialogo tra umanesimi e civiltà, che al mondo oggi manca quasi del tutto e che costituirebbe, invece, la vera terapia nei confronti di quello stile di vita rapace e consumatore che ci ha fatto ammalare. 


Il lunedì 19 giugno, lo sciamano Marcos, che è anche pastore pentecostale, e Raffaele Luise si sono trasferiti a Vittorio Veneto, per un incontro cittadino promosso da “Il mondo di Tommaso” di Claudio Corazza (benemerita Associazione che ha già promosso un sostegno concreto al ripopolamento della foresta amazzonica orientale, e che ha avviato un lungimirante programma di due anni in aiuto del popolo yanomamy) al Parco Fenderl, presenti Toio de Savorgnani e Michele Boato.
Davanti a più di cento persone, molti i giovani, lo sciamano mayuruna ha raccontato della terribile situazione che anche al tempo di Lula vivono i Popoli amazzonici, aggrediti su tutti i fronti dai fazendeiros (i latifondisti), dai garimpeiros (i carcatori d’oro), dai madeireiros” (i tagliatori di alberi pregiati), dai pescatori e cacciatori di frodo, ma anche da alcuni potenti pastori pentecostali nord-americani, pagati per dare la caccia soprattutto ai Popoli indigeni Isolati, che rifiutano cioè qualsiasi contatto anche con gli altri popoli indigeni. Il loro scopo è quello si convertire forzatamente al cristianesimo sia i Popoli Isolati che quelli già contattati (come i mayuruna), considerati gli ultimi pagani, dai riti e credenze demoniache. Un compito “religioso” che perpetua nel terzo millennio la feroce Conquista spagnola del Cinquecento! E Marcos ha raccontato come in prima persona, e anche in funzione del suo ruolo di pastore, combatta il tentato genocidio da parte dei pentecostali statunitensi.
Marcos ha anche raccontato della minaccia oggi più grave alla sopravvivenza dei popoli originari d’Amazzonia, quello della legge 490, detta del “marco temporal” (la demarcazione temporale), che Bolsonaro non riuscì a far passar, e che ora con il progressista Lula ha già superato il voto della Camera Bassa e ora affronta l’esame del Senato. Una legge che se fosse approvata toglierebbe a gran parte dei Popoli indigeni la titolarità dei loro Territori tradizionali.
Emozionante l’atteggiamento della platea, che ha saputo stringersi attorno al dramma dei Popoli originari, minacciati di estinzione insieme alla loro foresta. “Perché la morte dello sciamano - dice una antica profezia indigena ricordata dal grande sciamano yanomamy Davi Kopenawa - significa la morte della foresta amazzonica e la morte della nostra Madre Terra”. 

Raffaele Luise