di Carlo Bolpin   

Ringrazio per l’invito a questo incontro (22 settembre 2022 ad Altino) che copre il vuoto esistente di confronto che sarebbe necessario tra esperienze e posizioni diverse. 
Sollecitati da alcuni preti, un gruppo di Esodo aveva proposto a diverse parrocchie di costituire gruppi sinodali interparrocchiali su aree tematiche. I parroci, seguiti da laici, hanno preferito un lavoro interno a ogni parrocchia. Probabilmente per giuste preoccupazioni, ma che mostrano il permanere di limiti, come pensare ancora l’esclusività della struttura territoriale giuridica della parrocchia costituita dai fedeli praticanti, e all’interno la centralità del parroco, che ha la preoccupazione di non creare fratture e conflitti. Ma questo riduce le possibilità di sinodalità.

Un’ulteriore difficoltà che crea sfiducia nel cammino sinodale è che, se i vari consigli (episcopale, presbiterale, parrocchiale...) hanno solo diritto a indicazioni consultive, non c'è vero "sin-odo", se solo il Papa, il Vescovo, il parroco hanno il diritto di decidere. Bisogna avviarsi verso il voto deliberativo dei vari consigli, anche quelli formati dai "semplici" singoli battezzati in comunione con i diversi gradi di ministri ordinati. 

Come Associazione Esodo, in collaborazione con un gruppo di preti e laici, abbiamo allora accolto l’invito di gruppi e di persone della Chiesa e della società veneziana di “uscire” e di avviare un “cammino” comune con singoli e associazioni dei diversi ambienti di lavoro e di attività sociale, per ascoltare in primo luogo chi è - o è stato messo - ai margini o fuori delle realtà ecclesiali.
Abbiamo quindi inviato a diverse realtà una traccia di questioni da affrontare possibilmente in piccoli gruppi. Abbiamo ricevuto 21 risposte: 13  di singoli (alcuni come rappresentanti di Emergency e di associazioni impegnate per i diritti degli immigrati, per l’ambiente, per la salute) e 8 di gruppi: Laudato si’; Masci; Pax Christi; Villabona; Libera; Gruppo di acquisto solidale; due gruppi si sono costituiti sui temi: donne, lavoro. Significativi sono i contributi di rappresentanti della Fraternità islamico-cristiana e della Chiesa valdese. Sottolineo l’importanza di questi contributi perché invece nel percorso sinodale, compresa l’ultima indicazione della CEI per i “Cantieri di Betania”, è trascurata la “sinodalità ecumenica”, a partire dalle Chiese cristiane, senza le quali non si realizza il sinodo, l’essere Chiesa.
I contributi con una sintesi sono stati inviati alla Segreteria della Diocesi e della CEI. Per un approfondimento abbiamo realizzato due incontri online. Il materiale e la registrazione di un incontro sono pubblicati nel sito di Esodo (Esodo e Realtà sociali e culturali: contributi al Sinodo), che continua il confronto pubblicando interventi assieme anche alla rete nazionale, di 11 riviste, “Viandanti”. 

Questo percorso continua anche la riflessione, che sintetizzo in questi punti. Il Sinodo non è un momento che si apre e si chiude ma è un processo permanente in quanto è il modo di essere Chiesa, di costituire la comunità, l’assemblea dei cristiani ai diversi livelli. In particolare, tre concetti di Papa Francesco ci interrogano in profondità.

1) Chiesa in uscita: superando l’idea che dobbiamo andare verso i lontani per “avvicinarli; così si rimane nella logica di considerarli come oggetto di evangelizzazione; mentre vanno considerati come soggetti da ascoltare, da accogliere nelle tante diversità, per convertirci noi al Vangelo, per comprendere e testimoniare noi il Vangelo. La voce dello Spirito che costituisce il Popolo di Dio non va rinchiusa nelle mura tra noi. Ha scritto Papa Francesco: Gesù accetta come interlocutori tutte e tutti scandalizzando chi li considera invece come estranei al perimetro della grazia. Sempre Francesco: L’azione apostolica realizza la volontà di Dio creando comunità, abbattendo steccati e promovendo l’incontro, condividendo le esperienze vissute.

2) Papa Francesco indica ancora che occorre “Far uscire Cristo dalle mura in cui lo abbiamo chiuso. Questa è la vocazione della Chiesa oggi: “il Signore bussa da dentro perché lo si lasci uscire”. Una Chiesa che non ha paura di diventare piccola e di perdere privilegi.   

3) Altra indicazione è la Chiesa al servizio, ospedale da campo accogliente, non escludente, aperta a percorsi diversi del Vangelo nei differenti contesti culturali, sociali, affettivi. Significa che è l’intera comunità cristiana, dentro la rete di relazioni di uomini e donne, che deve rendere visibile il farsi prossimo a chi vive situazioni di discriminazione e isolamento, di povertà e oppressione, di ingiustizia e razzismo, tanto diffuse nella realtà oggi.

È da questi tre punti di vista che può tornare centrale la Chiesa come comunità, rinnovata anche nei ministeri e nei carismi, nella liturgia e nella pastorale. Significativo è il problema, posto anche in altri incontri, dei giovani. Solitamente credo sia mal posto: cioè il problema è ridotto a come “avvicinarli”, come annunciare loro la dottrina cristiana; e si cerca la soluzione con la modernizzazione del linguaggio. Ma i giovani chiedono forte coerenza e responsabilità nella pratica di vita personale e comunitaria; rifiutano l’indifferenza, l’incoerenza, il compromesso e il silenzio di fronte a situazioni di ingiustizia che spesso vivono direttamente.

Frasi significative dalle risposte e dagli incontri

Gruppo donne. Innanzitutto viene sottolineata la novità di “stile” di Gesù nelle sue relazioni con le donne: dà loro parola, dignità, ascolto, fino a modificare il suo stesso pensiero, le libera dalla sottomissione e dal giudizio dell’uomo.
La Chiesa invece ha sempre trattato le donne con sospetto e, a volte, con disprezzo e comunque come subalterne. Anche oggi le donne nella Chiesa, pur rappresentando la maggioranza nelle comunità, non rivestono nessun ruolo rilevante, né sacerdozio né tantomeno episcopato… ma solo compiti subalterni.
Della valorizzazione delle donne e dei loro saperi non c’è traccia. La chiesa è una società costruita su un modello maschile misogino gerarchico-piramidale (papa, vescovi, preti celibi...). Non si tratta di cercare dei riconoscimenti, ma la Chiesa deve abbandonare la mentalità maschilista superando, non solo a parole, la disparità tra uomo e donna, riconoscendo la donna nella sua dignità e nella differenza di genere, per aprirsi al sacerdozio femminile e degli uomini sposati.
C’è bisogno di un ribaltamento totale che permetta alle donne di partecipare in modo concreto, visibile e propositivo alla vita della Chiesa, che sarà sempre più separata dalla società se non avrà il contributo del pensiero delle donne, molte delle quali non la frequentano più constatandone l'incoerenza di fondo.
Perché cambi la considerazione che il prete ha della donna, si dovrebbe incominciare dai seminari.
Queste esigenze hanno carattere anche generale: una Chiesa che si apra all’ascolto delle esperienze di vita delle persone senza veti, senza pregiudizi, ma con il rispetto e la dignità dovuti a ogni essere umano. Il clero invece continua a ritenersi ancora l’unico detentore del sacro e l'unico interprete della Parola. Non possiamo rassegnarci a una chiesa stanca e chiusa in se stessa. Nonostante tutto, nella Chiesa ci sono però voci profetiche, dettate dallo Spirito, che fanno sperare in una possibile riforma evangelica.

Alcuni contributi parlano delle persone migranti: la Chiesa deve dare un orientamento più forte per un cambiamento a livello culturale verso l’accoglienza e la contaminazione con le varie comunità presenti nel territorio. Deve dire chiaramente che l’intolleranza non è cristiana, mai.
È contro l’umanità ed è anticristiana la logica del blocco navale, della difesa dei confini; già ora vediamo morire di fame e di sete donne e bambini in mare, nei lager libici, nella rotta balcanica. Il Mediterraneo oggi è il cimitero più grande, la più grande fossa comune, “non dell’Europa, ma dell’umanità” (papa Francesco).
Perché la Chiesa, tutta, non dice chiaramente che i ragazzi nati qui non devono aspettare vent’anni per acquisire la cittadinanza ed essere alla pari dei loro coetanei?
Chi frequenta le Chiese dovrebbe essere facilitato nel capire che anche persone di altre fedi hanno bisogno di luoghi per pregare e che le persone migranti hanno bisogni anche spirituali. La conoscenza reciproca e la vicinanza deve essere un compito delle comunità della Chiesa cattolica, che dovrebbe offrire i propri spazi. La pluralità religiosa deve essere considerata come risorsa e ricchezza per la testimonianza evangelica e per la propria fede cristiana.
La diffusa ostilità contro la costruzione di moschee, che in Veneto ha preso la forma di una legge regionale proibitiva, non dovrebbe trovare consenso tra le persone che si recano regolarmente a pregare in una chiesa.
Il Comune di Venezia si è distinto per latitanza sul piano sociale. Fin dall’inizio questa amministrazione ha ridimensionato drasticamente l’impegno, finanziario e organizzativo, nel sociale: ha chiuso molti progetti e tolto finanziamenti agli altri; ha privilegiato l’approccio alla marginalità in termini di pura repressione.

Sulla pace: la Chiesa, le singole comunità, i cristiani nel mondo, devono essere costruttori di pace. Vorremmo una Chiesa che educhi e operi per la Pace, la Giustizia e la Salvaguardia del Creato, questioni collegate. Le comunità cristiane dovrebbero educare alla pace e alla nonviolenza come scelta e stile della vita cristiana di ogni giorno; è la dimensione del nostro pensare e pregare.
L’auspicio di Francesco è che la Chiesa promuova pratiche e strategie nonviolente. Occorre quindi dare segni concreti di questo come l’abolizione dei cappellani militari inseriti nell’organizzazione dell’esercito.

Indicazioni di alcuni gruppi sulla testimonianza nel territorio

1. La Chiesa è chiamata a essere una comunità locale di fratelli e sorelle inseriti nel territorio come esempio di solidarietà, di accoglienza e di fede, capaci di intercettare i dolori e le speranze dell’umanità: la gente dovrebbe poter dire guarda come sanno amare. 
Deve pertanto contribuire al dialogo tra le componenti della città per affrontare le situazioni di ingiustizia e di emarginazione, per costruire una città solidale e accogliente, dal punto di vista sociale e ambientale.
Una Chiesa meno legata alle istituzioni pubbliche e che non ha paura di “gridare da sola nel deserto”, testimone anche scomoda contro le ingiustizie e nel denunciare i respingimenti di immigrati alle frontiere italiane e europee, le discriminazioni quotidiane, lo sfruttamento nel lavoro. Una Chiesa che esca dal silenzio verso criminalità organizzata, disuguaglianze e ingiustizie, forme di schiavitù sul lavoro presenti anche nel nostro territorio; che educhi alla cultura dell’integrazione, dell’accoglienza della difesa dei diritti, per creare convivenza.
Una Chiesa che prosegua in un cammino di distacco dagli interessi mondani (come gli investimenti finanziari). Sia caratterizzata da sobrietà/semplicità/essenzialità; chiarezza e libertà, diventino valori condivisi. Il Papa su questo sia un modello importante. Dovrebbe esserlo tutta la Chiesa, ma più in generale tutta la comunità locale.

2. La Chiesa non deve chiudersi nelle proprie attività e istituzioni separate ma deve essere lievito immerso nella rete associativa del volontariato sociale. Le parrocchie e la Caritas si sono rivelate un punto di riferimento per tutti, anche per chi non frequenta e non ama la Chiesa, soprattutto nel raggiungere i poveri, vecchi e nuovi, e nell’offrire ai ragazzi spazi dove incontrarsi. Si spera che queste attività vengano rafforzate e si cerchi di raggiungere anche chi non frequenta la chiesa, anche chi è di un’altra fede, mandando forte e chiaro il messaggio che si cerca di offrire un servizio e non fare proselitismo. Magari cercando di coordinarsi con altre realtà sociali, non confessionali o anche legate ad altre fedi.
Alla Chiesa viene chiesto di aprire alla comunità tutti gli immobili che ha e che non usa per farli diventare beni pubblici, soprattutto per i poveri. Anche qui abbiamo spazi nelle parrocchie che non vengono utilizzati. Sarebbe bello che la Chiesa diventasse una Chiesa di strada dando un esempio di apertura e di accoglienza, senza togliere le responsabilità alle istituzioni pubbliche di fornire i servizi dovuti.
Un gruppo si augura che si consideri la loro esperienza, il commercio equo e solidale, per la quale non c’è una vera attenzione da parte della Chiesa. Così il gruppo ritiene bassa l'attenzione ai temi più tipici della sostenibilità ambientale.

3. Occorre cambiare atteggiamento anche su divorziati e separati, esprimere una chiara posizione di accoglienza verso la comunità LGBTQ, verso le persone che praticano relazioni omoaffettive, chi intende realizzare una relazione d’amore e un progetto di solidarietà e di reciproco aiuto di coppia. 

Ho citato i temi e le proposte dai contributi che abbiamo avuto. Intendiamo continuare anche lavorando sui Cantieri proposti dalla CEI.
Chiediamo a tutte e tutti di aiutarci con riflessioni e materiali. Mettiamo a disposizione il nostro sito in preparazione anche a un Seminario nel 2023.