Sotto il segno del Mo.S.E. Venezia 1966-2020 di Giovanni Benzoni e Salvatore Scaglione, la Toletta edizioni 2020

Il libro è destinato a restare un documento importante nella storia di Venezia, perché ricostruisce il dramma della città maturato negli ultimi 50 anni - si può ben dire - sotto il segno del Mo.S.E.: il “Modello sperimentale elettromeccanico” costruito per proteggere la città dalle acque  alte eccezionali e da poco entrato in funzione, anche se ancora con criticità aperte e senza collaudo.
Una vicenda, quella del Mo.S.E., che ha segnato profondamente e irreversibilmente non solo la storia di Venezia e della sua laguna, ma anche quella dell’Italia, essendo - come scrivono gli autori nella Premessa - “probabilmente il più grande scandalo italiano, sia per la dimensione della spesa pubblica impegnata, sia per la durata dell’opera, sia anche perché ha coinvolto il mondo politico locale e nazionale, sia infine perché ha messo a tacere quasi tutta la stampa italiana”.
Per il carattere ciclopico dell’opera, per l’enormità delle risorse che essa ha assorbito, per la continuità e la tenacia con cui è stata portata avanti per diversi decenni pur nell’avvicendarsi dei protagonisti e delle parti politiche, il Mo.S.E. non rappresenta un “accidente” nella vicenda nazionale italiana: è uno scandalo di establishment e uno scandalo di sistema, perché tocca e coinvolge tutti o quasi i versanti della vita civile.

Il libro racconta come, dall’iniziale, grande varietà di scelte d’intervento che si proponevano in una realtà straordinariamente complessa come quella lagunare, che avrebbe consigliato di giocare la difficile partita della sua difesa contemporaneamente su molti e diversi tavoli per ridurre l’inevitabile parzialità d’efficacia di ciascuna scelta, ci si sia ridotti a puntare tutto su una sola chance: quella, appunto, del Mo.S.E., la “Grande Opera” il cui funzionamento e la cui durata, per le gravi criticità non risolte, i costi esorbitanti e crescenti di manutenzione, il rapido mutamento di quadro provocato dai cambiamenti climatici e ambientali, restano incerti.
La natura sistemica del problema di Venezia e della sua laguna non sfugge a chi inizialmente sente la necessità di porvi mano. Eppure si darà luogo a una sequenza di forzature, di fatali “tagli di nodi gordiani”, ispirati a un “osare” che forse sarà apparso, ai suoi protagonisti, coraggioso, semplificatore. Scommettendo tutto sulla Grande Opera, vissuta come grandiosa, catartica operazione di reductio ad unum della complessità, avrebbero strappato i “lacci e laccioli” della farraginosa macchina pubblica decisionale e operativa italiana. In realtà avrebbero solo “semplificato” pericolosamente la complessità dell’ambiente su cui dovevano intervenire.

La svolta decisiva avviene nel 1982 quando si fa strada l’idea della “concessione unica”, che affida ideazione, progettazione ed esecuzione dei lavori a un unico soggetto. In tal modo “l’Opera unica” si procura il suo “operatore unico”, assumendo con ciò la forza di un destino.
Nonostante che gli ambientalisti, e ancora dalla legge stessa dell’84, considerino essenziali le “opere diffuse” di manutenzione e salvaguardia della città e dell’ambiente lagunare, in continuità con la tradizione plurisecolare di Venezia, la logica vincente sarà quella “decisionistica”, semplificatrice - semplicistica, della “Grande Opera”. Il Mo.S.E. non potrà mai naturalizzarsi, essere metabolizzato dall’ambiente - come invece succedeva per gli interventi della Serenissima - resterà per sempre un corpo estraneo, praticamente non modificabile, difficilmente e costosamente mantenibile.
Ma qual è l’umore del tempo in cui il Mo.S.E. è stato incubato ed è cresciuto? È quello euforico dei primi anni ’80, in cui domina la nuova ideologia della “fine delle ideologie”, che predica il “liberi tutti”, la disincantata “facilità del mondo”, e la cosiddetta “cultura del fare”, la scorciatoia della semplificazione decisionista e dell’uomo forte, l’amore per l’iperbole e il gigantismo sublime (in senso kantiano) che porta in sé il brivido della catastrofe (Babele, la prima Grande Opera dell’umanità, insegna). Il Mo.S.E. così resta un grandioso Monumento allo smarrimento di un’epoca che, incontrata la complessità, non ha saputo/voluto farvi fronte, arroccandosi nel decisionismo invece che affrontarla dotandosi di un’etica e di una prassi sistemica. 

a cura di Alberto Madricardo

 

Giovanni Benzoni e Salvatore Scaglione, Sotto il segno del Mo.S.E. Venezia 1966-2020, la Toletta edizioni 2020, pp. 192, euro 16,00