di Piero Antonio Carnemolla, pubblicato in Viandanti

Come vivere una vita buona con e per gli altri
all’interno di istituzioni giuste
Paul Ricoeur

Nei giorni 8 e 9 del prossimo mese di giugno tutti i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimere, con il loro voto, se confermare o abrogare cinque leggi che, a parere dei proponenti il referendum, hanno lo scopo di riconoscere e rafforzare i diritti dei lavoratori in materia di lavoro oltre a quello di ridurre da dieci a cinque anni il riconoscimento della cittadinanza italiana agli stranieri che già risultano residenti nel nostro paese.

Perché i referendum 
La specificità dei quesiti, rientrante nell’ampio concetto di giustizia, si distinguono dagli altri, in precedenza celebrati, perché riguardano in maniera particolare la dignità della persona sia come lavoratore che come fruitore dei diritti che ogni cittadino residente in Italia deve pienamente godere.
Il referendum, così come previsto dalla nostra Costituzione, è l’unica forma di partecipazione diretta del popolo. Definito correttamente referendum popolare, consente ai cittadini deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge (art. 75). Sostanzialmente due sono gli indiscutibili strumenti riconosciuti al popolo nell’esercizio del sistema democratico: l’elezione dei membri del Parlamento e quello, unico, di ammettere o abrogare leggi tramite il referendum. Quest’ultimo è, fuor di dubbio, espressione della sovranità popolare e mezzo di controllo dell’operato degli Organi legislativi (Senato e Camera dei Deputati). Per queste caratteristiche lo si può definire come uno strumento di democrazia orizzontale.
La sua validità sottostà a un limite: il mancato raggiungimento del quorum di partecipazione, attualmente fissato nel cinquanta per cento degli aventi diritto, causa l’annullamento. Le critiche mosse a questo limite, e le proposte di modifica avanzate da diversi studiosi, sostanzialmente mirano a superare il fenomeno del boicottaggio, strumento utilizzato da chi è indifferente o contrario ai quesiti posti, e che si sostanzia in una forma ipocrita di espressione democratica negativa.
La doppiezza e l’ambiguità del ricorso e incitamento all’astensionismo non solo è una delle tante forme di diseducazione al corretto svolgimento della vita democratica del paese, ma anche un incitamento a rimanere indifferente, proprio quando il bene comune esige una concreta partecipazione. È una delle tante forme di disinteresse che ricorda il “lavarsi le mani” dei due ipocriti protagonisti della parabola del Buon Samaritano. E a tal proposito non bisogna dimenticare la sciagurata operosità del card. Camillo Ruini, al tempo Presidente della CEI, che invitò i cattolici In piazza all’astensionismo col fine di abrogare specifiche norme relative alla procreazione medicalmente assistita.

Il dovere della partecipazione
A partire dagli anni settanta del secolo scorso lo strumento del referendum ha consentito di modificare e/o annullare alcune leggi in vigore ma ritenute, a torto o a ragione, non più rispondenti alle nuove realtà di vita vissuta e diretti al cambiamento di una normativa ritenuta inconciliabile con il comune sentire politico. In tal modo è stata confermata la legge sul divorzio e abrogate quelle norme sul nucleare, sul finanziamento pubblico ai partiti e sistema elettorale. Sono state anche abolite quelle riguardanti la gestione dell'acqua, dell’energia nucleare e del legittimo impedimento.
In tal modo si è determinata una radicale innovazione riguardante sia la sfera personale e familiare che quella più propriamente politica e ambientale.
Se tutti sono chiamati a votare, per i cattolici la partecipazione assume un ulteriore dovere perché si concretizza in una specifica forma di carità nei confronti di tutte quelle persone che, a causa di una legislazione limitativa dei loro diritti, versano in una condizione di insopportabile precarietà.
I cinque referendum del prossimo mese di giugno, se approvati, restituiranno a ogni persona quella libertà esistenziale che originariamente possiede e il cui riconoscimento deve essere, con appropriati strumenti legislativi, realizzato dallo Stato. Un ulteriore motivo di necessaria partecipazione da parte dei cattolici lo si deduce non solo riflettendo su quei cristiani che hanno contribuito, con il partecipare all’azione politica, al miglioramento delle condizioni di vita dei tutti i cittadini – si pensi all’opera pioneristica di Giuseppe Toniolo e poi di Alcide De Gasperi, Amintore Fanfani e Giorgio La Pira –, ma anche ricavandolo dai numerosi ammonimenti ed esortazioni del Magistero della Chiesa.

Tra Magistero e etica civica
Su questo versante alcune precise indicazioni e raccomandazioni sono illuminanti e chiariscono che l’etica sociale cattolica non si realizza attraverso l’azione dei singoli, pur sempre meritoria ed esemplare, ma con la necessità di cambiare le strutture ingiuste attraverso un concorso corale. Se non è ancora chiara la posizione di Pio XII riguardo al referendum del 2 maggio del 1946 – repubblica o monarchia? – utili indicazioni si possono trarre da diversi documenti del Vaticano II. Il decreto Apostolicam Actuositatem al n. 7 recita «I laici devono assumere il rinnovamento dell'ordine temporale come compito proprio e in esso, guidati dalla luce del Vangelo e dal pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto». Ancora più netta la Gaudium et Spes: «Si ricordino perciò tutti i cittadini del diritto, che è anche dovere, di usare del proprio libero voto per la promozione del bene comune» (n. 75).
La partecipazione alla vita politica, in tutte le sue forme, è stata raccomandata in discorsi e documenti del Magistero ordinario. Papa Francesco, in uno degli ultimi suoi interventi in materia sociale – quello tenuto a Trieste il 7 luglio del 2024 – “incoraggiò” i cattolici a “partecipare” affinché la democrazia potesse assomigliare “a un cuore risanato”.
A queste dichiarazioni magisteriali si affianca l’autorevole monito del Presidente Sergio Mattarella che in un recentissimo discorso, quello del 25 aprile 2025, ha esortato i cittadini a rinunciare all’assenteismo: «La sua figura [di S. Pertini] induce a ricordare che la partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. È l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà. Da questi principi fondativi viene un appello: non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità».
E i cristiani sapranno manifestare il loro visibile impegno alla costruzione di una società a misura d’uomo?