Le recenti violenze urbane, che hanno colpito la Francia dopo l'uccisione di un giovane da parte di poliziotti, sono state strumentalizzate, non solo in Italia, per criminalizzare ancora gli immigrati e chi opera per l'accoglienza. Pensiamo utile riportare l'analisi di tre donne: l’imam Kahina Bahloul, la teologa cattolica Anne Soupa e la rabbina Daniela Touati. Invitano a superare i giudizi affrettati e cercare di capire. Denunciano che si tratta di processi di disumanizzazione e di negazione di diritti.

Rivolte urbane: “Come siamo messi con la nostra umanità quando c’è solo violenza e si accetta una simile frattura tra di noi?”
di Kahina Bahloul, Anne Soupa e Daniela Touati in “www.lemonde.fr” del 14 luglio 2023 (traduzione: www.finesettimana.org)

Le recenti violenze urbane che hanno colpito la Francia dopo la morte di Nahel M. sono una vera disumanizzazione, deplorano l’imam (donna) Kahina Bahloul, la teologa cattolica Anne Soupa e la rabbina Daniela Touati. Invitano a superare i giudizi affrettati e a ricreare legami.

Davanti alla violenza e ai disordini dei recenti avvenimenti, noi, Kahina Bahloul, Anne Soupa e Daniela Touati, forti delle nostre tradizioni religiose (rispettivamente l’islam, il cattolicesimo e l’ebraismo), non possiamo restare in silenzio. La molteplicità dei problemi che si pongono alla società intera ci affligge. Che dire davanti alla violenza, se non tentare di restare vigilanti, con mente aperta, resistere alla tentazione di accusare troppo in fretta, e cercare di capire? Sappiamo che un semplice ritorno alla calma non basterà. Occorre ritrovare un accordo profondo su ciò che ci permette di vivere insieme.

Partiamo dai fatti: un giovane ucciso, scuole e municipi bruciati, negozi saccheggiati. Tutte cose inaccettabili. Constatiamo, dietro a ciò, un fallimento collettivo della società. Questi figli della Repubblica, della nostra scuola pubblica, pienamente francesi, dovrebbero poter crescere e vivere nella concordia, lontani dai ghetti, senza essere considerati come una categoria inferiore della società. Invece si è creata una separazione funesta tra francesi.

Al contempo, nella società intera, avanzano violenze sorde ma dolorose, che compromettono gravemente la sua unità. Dobbiamo esprimere stupore per il fatto che una società così attenta e sollecita a risolvere i minimi bisogni di coloro che ci assomigliano, non abbia potuto evitare una simile tragedia guidata da coloro che essa crede che non le assomiglino. Non è forse il segno di un accecamento, di un’indifferenza verso coloro con i quali condividiamo la cittadinanza? Di questo fallimento collettivo siamo tutti responsabili.

“Dov’è tuo fratello?”, chiede la Bibbia (Genesi 4,9). Osiamo dire che questi avvenimenti, peggiori di un arretramento di civiltà, sono una disumanizzazione. “Come siamo messi con la nostra umanità quando c’è solo violenza e si accetta una simile frattura tra di noi?” È su questa mancanza di umanità che le nostre tradizioni religiose devono dire una parola. Innanzitutto per richiamare l’attenzione e per porre interrogativi. Per dire che non possiamo pensare di vivere insieme senza curare queste mancanze gravi, nel più breve tempo e in profondità.

Sappiamo che le cause di queste rivolte sono multifattoriali. Se si insiste troppo su una soluzione o su un’altra, si rischia di alimentare le divisioni già numerose nella società francese. Ciò che tocca a noi fare è ricordare di quante attenzioni deve essere oggetto la vita umana. Sicuramente nell’infanzia, questa età decisiva. Diventare genitori non è una faccenda di poco conto. Essere soli ad allevare un figlio rende il carico più pesante per il genitore unico.

Davanti allo spettacolo di quegli incendi e di quei saccheggi, non possiamo non immaginare il grido d’aiuto di quei giovani. È un grido d’allarme sull’abbandono fisico, educativo, affettivo, morale, intellettuale, spirituale di cui soffrono, e che fa loro adottare quei “rituali arcaici e clanici” (citiamo Boris Cyrulnik su Le Point del 6 luglio). Perché è proprio di questo che si tratta. Di una terra non seminata, che non può dare ciò che non ha ricevuto, e che diventa preda di ciò che si presenta – e molto spesso sono spacciatori.

I comportamenti di cui siamo stati testimoni mostrano che quei giovani non hanno ricevuto una parola che costruisce la loro identità strutturandoli, in un clima positivo e nel rispetto della legge. I pochi genitori venuti a portar via i loro figli (pochissime erano le ragazze tra i rivoltosi) da quella follia distruttrice sono stati, per un momento, un sollievo sul nostro sconcerto. Loro sanno il valore di salvezza dell’amore e della legge, la loro capacità ad integrarsi nel corpo sociale.

Ma tutti quei giovani dovrebbero poter beneficiare di riconoscimento e di una legge che li integri. Quell’indigenza esistenziale contro la quale si ribellano dobbiamo sentirla. È il grido dei giovani che vogliono vivere in modo diverso, che aspirano proprio a più umanità. I saccheggi di sigarette, di scarpe, o altri segni di ostentazione di ricchezza, sono una delle poche gratificazioni che rivolgono a se stessi. Che cosa ne ricaveranno di durevole, se non il bisogno di ricominciare?

Ma, attenzione! Questa frenesia di consumi è lo specchio di tutta la nostra società che idolatra l’apparire e il denaro, a costo di perdercisi. Per cui, sia perché quei giovani attirano la nostra attenzione sull’accoglienza nel corpo sociale che non abbiamo saputo condurre positivamente, sia perché riflettono lo spettacolo delle derive collettive della società – individualismo, tendenza alla chiusura in gruppi, perdita del senso del bene comune – quella disumanizzazione è anche la nostra.

Ci riguarda tutti anche perché chiunque, nelle situazioni che abbiamo descritto – a cui si aggiungono un sospetto permanente, ripetuti controlli su base etnica, i ricatti degli spacciatori, un ostracismo ricorrente, una ghettizzazione che la società stessa ha organizzato – chiunque potrebbe comportarsi in una maniera così folle. Ci rifiutiamo di ritenere responsabile l’immigrazione.

Evidentemente, prendiamo in considerazione il motto della nostra Repubblica (libertà, uguaglianza, fraternità) e constatiamo con costernazione che non è applicato. Peggio, mostra il doppio linguaggio che distrugge la fiducia nella parola. Fa di noi dei bugiardi. Infatti non c’è libertà quando l’identità è ostacolata,. Non c’è libertà quando sono gli spacciatori a dettar legge o quando viene bruciato l’ufficio postale del quartiere. E neppure l’uguaglianza esiste più quando uno si sente oggetto di discriminazioni continue, poliziesche, scolastiche, professionali. Quei giovani delle periferie sono francesi, devono quindi godere delle stesse opportunità di tutti gli altri.

Quanto alla fraternità, chi oserebbe oggi pronunciare quella parola senza arrossire? Non potremmo farlo né davanti a quei giovani, né davanti ai loro genitori, né davanti a un commerciante il cui luogo e strumento di lavoro è appena stato saccheggiato, né davanti ad un rappresentante eletto aggredito nella sua casa. È allarmante constatare che la società non solo non è all’altezza del suo motto ma che se ne è ulteriormente allontanata durante questa settimana nera. Vogliamo tuttavia sperare che sia ancora possibile una presa di coscienza collettiva.

Invitiamo con forza a superare i giudizi troppo affrettati per ascoltarci gli uni gli altri e soprattutto a ricreare legami, ogni forma di legame. Il lavoro da fare è immenso! La missione di tutti e di tutte noi è di crescere in umanità e di umanizzarci gli uni gli altri, dando a ciascuno il suo spazio, al di là della competizione, dell’invidia e della paura. Ogni vita umana è inestimabile. Ogni vita umana è chiamata a realizzarsi. In questo 14 luglio ricordiamoci che la libertà, l’uguaglianza e la fraternità sono l’humus di cui ogni vita umana ha bisogno.

Kahina Bahloul è imam donna e islamologa. Ha dato vita, con il professore di filosofia Faker Korchane, alla moschea Fatima, a Parigi.
Anne Soupa è teologa e cofondatrice, accanto a Christine Pedotti, del Comité de la jupe e della Conférence catholique des baptisé-e-s francophones, movimenti impegnati a migliorare il ruolo dei laici e delle donne nella Chiesa cattolica.
Daniela Touati è rabbina della sinagoga liberale Keren Or di Lione. È stata ordinata nel luglio 2019 in Inghilterra.