di Antonella Visintin Rotigni, Commissione Globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
Premessa
Quando a fine anni ’80 ho cominciato a realizzare che le coordinate del pensiero collettivo, e quindi il patto sociale, stavano cambiando intorno a me, è stato a causa della scomparsa delle persone che consideravo di riferimento, persone di cui appuntavo confusamente le parole in un percorso personale di discernimento di un sentiero di giustizia e di senso.
All’inizio si era chiamato riflusso e poi edonismo e yuppismo e poi non so più perché ho ritrovato quelle persone riposizionate per accedere al potere politico e a carriere professionali che, in solido con il resto dell’arco parlamentare, si adoperavano per legalizzare e attuare la distruzione dei diritti sociali, concedevano l’accesso a diritti ‘trasversali’ legati all’orientamento sessuale e dal 2020 hanno reintrodotto un secolo dopo in modo discriminatorio la possibilità di negare (e dunque la discrezionalità) dei diritti civili attraverso un lasciapassare tuttora sospeso ma non abolito.
Avvalendosi di una strategia della tensione basata sull'emergenza continua (sanitaria e poi bellica) e sulla destabilizzazione e intimidazione mediatica delle popolazioni hanno violato lo stato di diritto mentre il Parlamento si è fatto esautorare dal ricorso continuato ai DPCM e ai ricatti della fiducia posti dal Governo e legittimati dal Capo dello Stato e dal CSM.
Quando a febbraio 2022 truppe russe sono entrate in territorio ucraino la Commissione globalizzazione e ambiente ha scritto un comunicato di allarme contro l’uso delle armi e il loro invio in nome di una guerra giusta, memori della guerra umanitaria scatenata in Jugoslavia anche dal Governo italiano e terminata solo da 20 anni.
La sua preoccupazione era fondata tant’è che nel suo Summit a Madrid, dal 20 al 30 giugno 2022, la Nato ha formalizzato il suo nuovo concetto strategico di sicurezza nominalmente difensiva ma operativamente offensiva, a servizio degli obiettivi politici delle potenze occidentali nella definizione dei suoi compiti: deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi, sicurezza cooperativa per salvaguardare le nostre nazioni, società e valori condivisi.
Nel merito, nella sezione dedicata alle finalità e ai principi, l’ordine di priorità è chiaramente definito: «Libertà individuale, diritti umani, democrazia e stato di diritto», mentre nel contesto strategico, si indicano subito i nuovi “nemici”: «La Federazione Russa e Cina costituiscono una sfida per i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori».
La posizione di deterrenza e difesa della NATO si basa su una appropriata combinazione di capacità di difesa nucleare, convenzionale e missilistica, integrate da capacità spaziali e da capacità informatiche».
L’integrazione e la proiezione militare euro-atlantica portano con sé anche una più consistente integrazione e complementarità tra UE e NATO: «L’Unione Europea è un partner unico ed essenziale per la NATO. Gli alleati della NATO e i membri dell’UE condividono gli stessi valori. La NATO e l’UE svolgono ruoli complementari, coerenti e che si rafforzano a vicenda nel sostenere la pace e la sicurezza internazionali». L’integrazione militare UE–NATO è del resto confermata anche in documenti UE a partire dalla c.d. «Bussola strategica».
L’Europa e l’Italia si sono dunque messi a disposizione, con le proprie politiche e con le proprie economie (comprese le risorse dei contribuenti), di una operazione ‘messianica’ qual è il sostrato della cultura statunitense.
Ogni Paese ha infatti contratto un debito con il Governo ucraino che dovrà onorare, oltre alle armi inviate che non è chiaro chi debba pagare, date per escluse le aziende produttrici. Una guerra dell’Occidente per cercare di allontanare la fine del sogno (delirio) unipolare a guida USA minacciato dalle economie asiatiche attraverso la sobillazione della faglia tra la Russia e l’Europa a partire dall’Ucraina. Una guerra che scarica i suoi costi strutturali sull’Europa che ha investito nell’ideologia globalista integrando con l’Asia la propria economia con filiere lunghe di approvvigionamento e specializzazioni regionali. E anche sull’Asia che stava innervando di infrastrutture non solo energetiche ma anche commerciali il continente euroasiatico.
Poiché non c’è guerra che porti giustizia né pace, la scelta di armare la popolazione di un Paese invece di attestarsi fin da subito su una soluzione diplomatica disarmata è stata un atto deliberato in nome di imperialismi e nazionalismi che hanno attraversato anche le chiese.
Scrive Klaus Kold sociologo danese, dottore in operazioni di pace. Ha svolto il suo studio sul campo presso la KFOR (DANBAT/KFOR). Il suo lavoro è incentrato sulla leadership e sull'organizzazione delle operazioni di pace:
La guerra fredda tra Unione Sovietica e USA/NATO è stata un chiaro conflitto ideologico-politico-economico simmetrico che ha dato vita alla scuola “realista”; che percepisce il rafforzamento democratico ed economico degli altri Stati come una minaccia per la costruzione della propria egemonia.
Nel periodo tra il 1991 e il 2010, le relazioni tra USA/NATO e Russia sono state per molti aspetti dominate dalla tesi della pace liberale in cui gli Stati cercano di rafforzare altri Stati.
La guerra tra Ucraina e Russia, tuttavia, sembra essere un nuovo tipo di guerra per procura.
In primo luogo, le precedenti guerre per procura si sono svolte al di fuori delle rispettive zone di sicurezza della Russia e degli Stati Uniti, e quindi al di fuori della rilevanza nucleare. Il nuovo tipo di guerra per procura in Ucraina si sta svolgendo all’interno della zona di sicurezza della Russia, che potrebbe attivare l’ultimo anello di difesa della Russia - il suo arsenale di armi nucleari. In secondo luogo, il nuovo elemento per procura è che la Russia sembra usare l’Ucraina per mettere i piedi in testa al progetto di pace democratica liberista che riguarda sia l’Ucraina che la Russia - in termini di governance e di identità nazionali legate al territorio. In questi giorni, quindi, sembra che la scuola realista stia tornando a essere la ragion d’essere della politica USA/NATO nei confronti di Russia e Cina.
Nel merito delle domande
- Il cristiano di fronte al male nella storia o meglio dentro il male. Ha anche significati per la Chiesa e per l’etica umana collettiva? Fin dall’inizio del conflitto i/le cristiani/e che hanno incitato l’invio di armi hanno argomentato la propria posizione ricorrendo alla guerra giusta (o alla guerra necessaria) e a Bonhoeffer. Ora, almeno formalmente, - all’inizio non venivano attaccate delle persone ma invasi dei territori - tutti i Paesi coinvolti sono sedicenti democratici e sovrani, non sono né dittatoriali né occupati.
C’è stata un'elaborazione da parte del mondo del disarmo e del pacifismo in senso ampio del termine secondo cui i mezzi sono i fini, criterio peraltro adottato anche nella pedagogia e dalle religioni che hanno dismesso l’inquisizione.
Il caso in esame non è l’abbattimento di una tirannia (tutti gli attori di questa guerra sono dei tiranni) ma una guerra tra Occidente e Russia su terra ucraina e quindi europea e non nordafricana o medio orientale a cui siamo assuefatti.
Non è neanche una guerra per la giustizia dal momento che nel condurla vengono strette e sciolte alleanze con Paesi che sul piano dei diritti umani, civili e sociali stanno diventando dei modelli anche per il nostro Paese.
Non è neanche una guerra per la civiltà dal momento che l’Occidente è il primo a calpestare nelle proprie aree di influenza i valori che proclama.
Non lo è per il progresso dell’umanità dato che l’Occidente sta sprofondando in un peggioramento della qualità della vita sul piano della salute (anche a causa di inquinamento) e delle condizioni relazioni sociali e lavorative.
In assoluto non c’è guerra giusta per l’ambiente, diventato obiettivo militare con sempre maggiore impatto né per le altre creature. Per tutto questo (la giustizia, la civiltà, il progresso, il creato) servirebbero dei movimenti di liberazione e una resipiscenza collettiva.
Ogni scelta è segnata dal peccato per il pensiero cristiano che è apocalittico e conferisce al male una natura superumana. Di conseguenza al momento del giudizio verranno giudicati gli atti malvagi a partire dal ravvedimento con un supplemento di misericordia rispetto alla giustizia. Uccidere è uno di questi benché confezionato con buone intenzioni.
Per parte protestante e ortodossa rappresentata dal Consiglio ecumenico e per parte cattolica espressa dal Vaticano è stato possibile riconoscere anche una posizione non armata delle chiese e una ricerca faticosa di un dialogo all’interno dell’ecumene. Queste scelte hanno sostenuto le ragioni dei/delle cristiani/e che hanno organizzato carovane umanitarie e partecipano a reti laiche e religiose contro la guerra.
In Nicaragua la chiesa cattolica a un certo punto si è schierata dalla parte della popolazione contro il dittatore Somoza.
In occidente, dove le élite da oltre quarant’anni fanno la guerra alle popolazioni, il patto costantiniano definisce altre priorità. In questo caso finora ha prevalso la linea del raffreddamento delle tensioni sullo schieramento, forse anche perché questa guerra vede su fronti opposti da un lato prevalentemente protestanti, anglicani e cattolici e dall’altro importanti autocefalie ortodosse.
Riporto il resoconto dell’ufficio stampa della KEK (Conferenza delle Chiese europee) di una iniziativa recente. Il “ruolo della religione nel conflitto in corso in Ucraina "è stato il tema al centro di un seminario virtuale ospitato dalla KEK il 30 giugno. I relatori, in rappresentanza delle Chiese ucraine, hanno affrontato argomenti pertinenti relativi alla risposta globale delle Chiese, alla diplomazia religiosa e alla responsabilità delle Chiese europee nel promuovere il dialogo ecumenico, salvaguardando la giustizia e la verità.
Al seminario sono intervenuti S.E. l’arcivescovo Yevstratiy di Chernihiv e Nizhyn, vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, portavoce della Chiesa ortodossa ucraina e professore dell’Accademia teologica di Kiev, il prof. Sergii Bortnyk, membro del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina e professore presso l’Accademia teologica di Kiev (UOC), e la dott.ssa Christine Schliesser, direttrice degli studi presso il Centro per la fede e la società dell’Università di Friburgo. Il presidente della KEK, Rev. Christian Krieger, ha aperto il seminario.
Dallo scoppio della guerra in Ucraina nel febbraio 2022, la KEK si è impegnata a fondo con le sue Chiese membro e con le Chiese al di fuori della sua associazione, sostenendo la pace in Ucraina.
La KEK ha seguito da vicino gli sviluppi in Ucraina e nei Paesi vicini, evidenziando le esperienze delle Chiese in Ucraina, discutendo le loro risposte alla guerra e le speranze per il futuro. Attraverso i suoi eventi, le sue dichiarazioni e i suoi messaggi ufficiali, la KEK ha messo in evidenza le voci religiose in Ucraina, in particolare quelle provenienti dalle chiese del Paese, sensibilizzando l’opinione pubblica sulla guerra in Ucraina.
- Esistono criteri per il discernimento in modo da evitare i pericoli di aderire al male preso come necessario al bene. Non occorre cercare le possibili azioni di prevenzione del male? Questo è un interrogativo insieme teologico e filosofico. Giacomo 3,13 Chi fra voi è saggio e intelligente? Millenni di tradizione sapienziale e di arte del vivere individuale e collettivo. Nel deserto il popolo di Israele quasi subito si dà delle regole (le 10 parole) entro cui collocare le scelte di ogni giorno che verranno integrate da Codici successivi e dagli ammonimenti dei profeti.
Sì, io credo che ci siano degli assoluti che faticosamente vanno portati nelle contraddizioni tra la realtà e la razionalità. Mi sono sempre considerata dialettica ma non relativista e nelle polarizzazioni di questi due anni e mezzo ho ulteriormente messo a fuoco i miei ‘non negoziabili’: l’antifascismo, le libertà sancite dalle carte dei diritti umani e dalla Costituzione del 1948, la guerra fuori dalla storia, l'intersezionalità delle appartenenze di ciascuno/a, l’autodeterminazione, lo spazio per il dubbio e il pensiero critico. In questi e altri riferimenti io declino il richiamo di Deuteronomio 30,19-20: ‘scegli la vita’ e mi applico perché si compia la promessa della pienezza di vita.
Credo che ci siano degli accorgimenti per prevenire il male o forse solo per riconoscerlo e circoscriverlo a partire da una antropologia negativa (l’umano è un animale feroce e aggressivo) per esempio attraverso la circolazione del potere, il contenimento della avidità e della brama di controllo e dominio. Molte volte ho partecipato a organizzazioni nate da persone orientate a un benessere generale e devastate dalle scorrerie di ego non gestiti.
Rispetto al tema, questa guerra, gli assoluti vengono declinati secondo una responsabilità personale e collettiva delle parti in conflitto. Se i mezzi prefigurano i fini valgono le premesse esposte precedentemente: il valore della libertà dal mio punto di vista è pretestuoso sia in termini assoluti che relativi e non si mette in cima alle baionette ma su un tavolo diplomatico in cui l’Ucraina è al centro, il Paese che è sotto osservazione di Amnesty International in generale e per quanto è accaduto nelle regioni orientali da cui è partita l’offensiva russa a febbraio 2022.
- Se è vero che è illusorio pensare possibile la vittoria in tempi brevi, la rassegnazione è l’unica soluzione? Non c’è una grave responsabilità in particolare delle comunità cristiane e del Magistero della Chiesa per aver agito in senso contrario trascurando totalmente l’educazione a essere operatori di pace?
Il 23 luglio, a 150 giorni dall’inizio della guerra in Europa su territorio ucraino, decine di associazioni e organizzazioni di matrice sia laica che religiosa tra cui Rete pace e disarmo (di cui la Glam fa parte dal 2019), Campagna Sbilanciamoci!, #StopTheWarNow hanno indetto una giornata di mobilitazione in tutte le città italiane in nome di un'Europa di pace per ribadire: Tacciano le armi, negoziato subito verso una conferenza internazionale di pace.
Si tratta di un appuntamento per le molteplici soggettività che dall’inizio di questa guerra si sono mobilitate, alcune sporadicamente e altre con cadenza regolare.
In una Dichiarazione di giugno 2022 sulla guerra in Ucraina il Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese ha scritto ‘Siamo cristianamente solidali con tutti coloro che soffrono in questo conflitto. I nostri cuori sono addolorati dal fatto che, dopo otto anni di crisi e conflitti irrisolti nelle regioni orientali dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022 la Federazione Russa ha lanciato un’invasione illegale del suo vicino, uno Stato sovrano. Questo tragico sviluppo rappresenta un terribile fallimento della diplomazia, della responsabilità e del rispetto del diritto internazionale. […] Il conflitto è accompagnato da una massiccia proliferazione di armi nella regione, ma le armi non possono fornire una soluzione a questa crisi; l’unica vera soluzione è “cercare la pace e perseguirla”.
La comunità ecumenica è preoccupata per l’uso improprio del linguaggio religioso per giustificare o sostenere l’aggressione armata, in netto contrasto con la chiamata cristiana a essere costruttori di pace. È urgente un’analisi fresca e critica della fede cristiana nel suo rapporto con la politica, la nazione e il nazionalismo’. Credo che le chiese in questa situazione si trovino in un contesto in cui il movimento per il disarmo e pacifista è cresciuto e maturato (non solo in Italia ma anche in Russia e Ucraina sebbene non vi siano rapporti solidi con loro) e non possano non farvi i conti.
Le voci armate e interventiste per parte protestante in Italia sono venute dall’establishment che è integrato nel sistema di potere dominante in Europa e che solo in qualche caso ha recepito la Confessione di fede per la giustizia economica ed ecologica – un patto in via di realizzazione varata dalla Assemblea generale della Alleanza Riformata Mondiale (oggi Comunione mondiale delle chiese riformate) tenutasi ad Accra nel 2004.
Nel 2021 il documento della GLAM in occasione della giornata ONU del 6 novembre Giornata mondiale per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in tempi di guerra e di conflitti armati è uscito anche con i loghi di Pax Christi e del Movimento Laudato si’.
Dunque vedo dei segnali positivi e insieme dei posizionamenti lontani e in un conflitto che risale all’inizio del millennio.
- La dimensione escatologica con cui il cristiano vive nella storia relativizza quindi i valori. In questa ottica non si può mai pensare a uno “scontro di civiltà”, tra due mondi incarnazione del Bene e del Male, Non è questa una posizione realistica che viene propria dalla dimensione escatologica che evita i modi fideistici e ideologici, ma indica la necessità dell’analisi delle situazioni?
Dice Wikipedia che il manicheismo predicava un’elaborata cosmologia dualistica che descriveva la lotta tra il bene e il male rappresentati il primo dalla luce e dal mondo spirituale e, il secondo, dalle tenebre e dal mondo materiale.
Credo che sia teologicamente non corretto trasporre nel tempo presente quanto è stato immaginato alla fine dei tempi.
Il/la cristiano/a vive in una prospettiva escatologica in cui il giudizio (e il Regno) verrà e sarà, allora, definitivo ma fino ad allora i giochi sono aperti. Non vi sono luoghi liberati dal peccato, già salvati. Neanche le chiese o le nazioni.
Il salmista (Salmo 8,5) si chiede ‘cosa è l’uomo perché te ne ricordi...’. E’ necessaria una revisione dell' auto-comprensione degli umani nel quadro della creazione e forse anche per questa via è possibile riconsiderare l'attribuzione di autorità e dominio che è stata associata all’imago dei sottesa alla linea strategica che si è data la NATO, un atto di hybris che tiene in scacco i popoli della pace la cui voce non ha rappresentanza.