Donne ed eresia nell’IslamVi proponiamo il commento di  Doranna Lupi all’incontro “Eretiche” con  Minoo Mirshahvalad, iraniana,  esperta di diritto sciita.

Per vedere la registrazione https://www.youtube.com/watch?v=O7p-nh2VWL0&t=12s 

Non c’è costrizione nella religione (2 Al Baqara v. 256)

Siamo giunte alla terza tappa del ciclo" Eretiche”, ispirato al libro di Adriana Valerio, che vuole indagare sulle donne che hanno vissuto la loro vita e la loro fede in prima persona, come protagoniste prendendo però strade discordanti da quelle imposte dai gruppi dominanti.  Chi erano queste donne? Perché sono state ostacolate e perseguitate? Che cosa hanno ancora da dirci e qual è stata la loro autenticità femminile nell’espressione della loro fede così osteggiata dal mondo maschile? L’OIVD ha inteso allargare il tema a tutte le religioni monoteiste presenti nell’Osservatorio. Venerdì 18 novembre Minoo Mirshahvalad, iraniana, ricercatrice presso la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII, esperta di diritto sciita, ha parlato di Donne ed eresia nell’Islam. Quando nelle religioni prevalgono orientamenti che diventano dominanti, si crea l’ortodossia e in questo modo si definiscono i fondamenti della fede, le sue pratiche, si decide quali libri includere e quali escludere, quali siano le giuste interpretazioni e quali quelle sbagliate. I detentori dell'ortodossia e gli autori dei testi di riferimento sono stati anche nell’Islam in maggior parte uomini e le donne hanno subito i criteri normativi elaborati da gruppi di potere maschile. Ecco allora che, nonostante il Corano annunci “Non c’è costrizione nella religione” (2 Al Baqara v. 256) prevedendo la libertà di culto, i Giuristi musulmani che avrebbero potuto riferirsi direttamente al Corano per prevedere la libertà di culto, hanno invece scelto di stabilire il reato di apostasia con gravi punizioni che arrivano fino alla pena di morte. Il problema nasce, come in tutte le grandi religioni monoteiste, da cattive interpretazioni che piegano i cosiddetti testi sacri a loro vantaggio. Ciò che serve in realtà è una diversa esegesi dei testi che tenga conto dei metodi di lettura critici e decostruisca le interpretazioni patriarcali e misogine esistenti.

Nonostante tutto in ogni religione monoteista, come anche nella storia dello sciismo islamico, spiccano personalità femminili significative che hanno espresso la loro fede con profonda libertà e autenticità femminile, pur essendo fortemente contrastate dal mondo maschile, come Tahere Baraghani, una donna poetessa teologa che nel XIX secolo prese in mano la leadership di una corrente eterodossa sciita e spesso viene menzionata come un esempio di coraggio nella lotta per i diritti delle donne. Di lei, della sua fede, delle sue parole e delle sue opere ci ha parlato Minoo Mirshahvalad mostrandoci così una figura importante della genealogia femminile iraniana in cui scorre, di generazione in generazione, molta forza. Le donne iraniane, infatti, non hanno mai accettato il sistema che le ha rese marginali e hanno continuato ad essere motore di cambiamento culturale, religioso e politico. Dopo il 16 settembre, giorno in cui è stata uccisa dalla polizia religiosa la giovane Mahsa Amini per non aver indossato il velo nella maniera corretta, abbiamo visto le donne iraniane scendere in piazza con azioni di protesta. Il loro grande coraggio sta scuotendo nel profondo le fondamenta del regime teocratico che le perseguita come eretiche.

Lo slogan che risuona è il diritto a poter scegliere per sé e la scelta di togliere il velo rappresenta la libertà individuale poiché l’hijab è stato imposto dalla rivoluzione islamica che ha obbligato le donne a indossarlo. Il velo resta comunque solo la punta dell’iceberg di tutto ciò che le donne iraniane hanno dovuto subire da un governo che ha usato la religione contro di loro e loro ci tengono ad affermare che non stanno lottando contro la religione bensì contro il regime.

Da qui nasce la forza di continuare a lottare dopo più di due mesi di protesta non violenta, costata sedicimila arresti e più di cinquecento morti.

Nonostante il blocco di internet, da parte delle autorità, le notizie e i video continuano a circolare in tutto il mondo e le proteste si diffondono in tutte le città e in tutti i villaggi, migliaia di giovani manifestano nelle strade, cantano «Jin jiyan azadi», tolgono il velo, si riprendono in video senza hijab.

Nello stesso tempo le donne in diaspora come Minoo Mirshahvalad continuano a fare da ponte tra le culture in una rete di relazioni solidali che rafforzano la lotta.

In Iran è in atto una rivoluzione femminile, per la prima volta sostenuta da uomini coraggiosi, e molte donne iraniane esprimono grande orgoglio per questo. 

Doranna Lupi