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a cura di Carlo Beraldo, Sandra Savogin
Lo scorso numero della rivista ha inteso dare evidenza all’uso strumentale che, spesso, determinate formazioni politiche, “a difesa dell’identità dell’Occidente”, fanno della fede e della religione a suffragio delle rispettive scelte, anche questo numero di “Esodo” intende segnalare l’approccio puramente stereotipato ed eminentemente ideologico con cui le medesime formazioni si riferiscono alla famiglia quale dimensione sociale definita in una unica forma e per questo pregna di supposti significati valoriali influenti sull’intera società.
Senza voler sminuire quanto indicato dall’art. 29 della Costituzione1 il cui testo peraltro va storicizzato nel tempo della sua approvazione (1948) e ugualmente senza sottovalutare, per i credenti, la formazione della famiglia quale “frutto di un discernimento vocazionale“ e il matrimonio quale “segno sacramentale del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa”, così come citato nell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia di papa Francesco2, sembra parimenti doveroso segnalare che la realtà della condizione familiare è assai complessa e supera ampiamente, dal lato qualitativo e quantitativo, i modelli relazionali/familiari ora citati. In fondo la citata Esortazione apostolica in più parti dà evidenza a codesta complessità indicando modalità opportune di approfondimento e di avvicinamento pastorale.
È la stessa riflessione del biblista Jean Louis Ska che ci fa presente le situazioni familiari assai composite di molti dei protagonisti del Primo e Secondo Testamento pur nella pienezza della rispettiva testimonianza di fede. L’autore fa presente che i grandi principi non esistono in un cielo puro di idee astratte; tali principi, infatti, si praticano in contesti vitali che, tenendo conto delle circostanze, richiedono riposte concrete.
Dal lato dell’analisi sociodemografica il contenuto degli articoli di Chiara Saraceno e di Gianpiero Dalla Zuanna paiono tra loro discordanti, in realtà mentre il primo contributo pone in risalto che è la varietà e non l’unicità la regola nei modi di fare famiglia, non esistendo una ideale famiglia naturale, il secondo autore mette in evidenza che, pur a fronte della presenza di diverse forme familiari/parentali, sono presenti comunicazioni e modalità relazionali di prossimità e solidarietà che tendono a permanere nello scorrere del tempo. A completamento della riflessione sociologica, Maurizio Ambrosini, con il suo saggio, richiama l’attenzione verso le situazioni famigliari che caratterizzano il composito mondo immigratorio con le proprie specificità ma pure con le somiglianze verso le situazioni familiari dei nativi. Parimenti l’articolo di Enzo Pace analizza l’idea di famiglia che islam ed ebraismo hanno sviluppato nel corso del tempo entro il quale l’originario linguaggio giuridico proprio di ciascuna delle due religioni ha dovuto fare i conti, anche per la famiglia, con il divenire istituzione sociale entro contesti culturali e istituzionali diversi.
È proprio dalla concreta esperienza pastorale, suffragata da ulteriori approfondimenti psicosociali, che il sacerdote e psicoterapeuta Simone Bruno, riconoscendo che la vita di coppia appare al centro di rilevanti e rapide trasformazioni sociali, in sintonia con quanto presente nell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia, sostiene la stessa necessita di uno sguardo pastorale nutrito di umiltà e speranza.
Il contributo del teologo Andrea Grillo ci fa però presente che Amoris Laetitia è, oggi, il termine di un lungo processo svolto dal Magistero cattolico sul matrimonio, che ha trovato specie tra il XIX e XX secolo un particolare impegno pur all’insegna, nella composita elaborazione, di contraddittorie fasi caratterizzate da continuità e discontinuità.
L’apporto della giurista Bianca Checchini dà, invece, evidenza all’evoluzione, conseguenza di successive riforme legislative, del diritto di famiglia a partire dalla definizione che la Costituzione dà della stessa. Evoluzione che tiene conto di una varietà di modelli socioculturali e di una pluralità di fonti di produzione di norme giuridiche che si integrano e si completano formando un sistema sempre e continuamente in rinnovamento, dove però è presente insieme a una forte consolidazione dei legami di filiazione, la considerazione del minore nella prospettiva del suo migliore e concreto interesse.
Il significato strumentale assegnato alla famiglia è particolarmente evi- dente nei regimi totalitari e lo storico Giorgio Vecchio approfondisce tale significato a partire da ciò che è accaduto, pur partendo da ideologie differenti, nella Germania nazista, nell’Italia fascista e nell’Unione Sovietica comunista. La famiglia tradizionale, caratterizzata da una precisa gerarchia interna, andava a prefigurare l’ordine dei diversi ruoli e delle relative funzioni nella più grande “famiglia nazionale”. L’autore, approfondendo l’attuale scenario politico in Italia, mette in evidenza come ancora oggi, alcuni tratti di quella idea di famiglia siano presenti nelle dichiarazioni e nelle conseguenti scelte da parte dei movimenti politici di orientamento conservatore.
È da un’immagine molto tradizionale e popolare di famiglia, rapportata alla figura della Santa Famiglia, che il narratore e teologo Marco Campedelli dà vita a un originale excursus storico/antropologico dedicato ai vissuti delle famiglie fortemente religiose che nel tempo trascorso hanno vissuto con senso di colpa la gestione, da parte della Chiesa e dei suoi rappresentanti, del modello di quella particolare Famiglia, proponendolo quale prototipo del modello unico e prescrittivo di famiglia, garanzia di ordine e sottomissione. Da Campedelli un invito alla Chiesa a dare spazio all’immaginazione, nel ripensarsi dentro il mondo facendo i conti con la pluralità dei modelli nel rispetto delle persone, delle loro storie e della loro dignità.
La considerazione di quest’ultimo invito, così pure l’insieme dei contributi qualificanti questo numero della rivista, porta al superamento di approcci valutativi di tipo binario secondo cui vi sarebbe da un lato il “bene”, dall’altro il “male; più che muri di difesa di modelli precostituiti appare necessario, evangelicamente, schiudere varchi di comprensione verso differenti esperienze caratterizzate da amore reciproco e da responsabilità condivise e che, almeno intenzionalmente, tendono a forme di unione che valgono per l’investimento nella durata, nella fedeltà e progettualità invece che verso la frammentarietà. Ma tale condizione, oltre che dai convincimenti personali, molto dipende dai sostegni che la comunità di appartenenza esprime e dalle iniziative di welfare capaci di realmente sostenere i legami familiari nelle sue diverse manifestazioni.
Note
1) Art. 29: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.
2) Amoris Letitia, par. 72.